Nominatele una nazione e avrà un aneddoto da raccontarvi. Giappone: «Dopo il primo tour sono tornata a casa magrissima, non mangiavo niente». Russia: «Tantissimo caviale, che è buono, solo che se lo mangi a pranzo e a cena, alla fine ti esce dagli occhi. E poi avevano solo acqua gassata, così tanto che quando la aprivi ti partiva il tappo. Non riuscivo a berla, meglio la vodka!».
Ma pure Sudamerica, Turchia, Stati Uniti. In sessant’anni di carriera Iva Zanicchi è stata ovunque. Senza però mai dimenticare Vaglie, frazione di Ligonchio, paesino dell’Emilia dove si reca ancora tutte le estati perché «è casa mia». Quando torna nessun trattamento da star: «Macché, è quello il bello. Il saluto più affettuoso che ricevo è un “ehi”». E arriva ovviamente da Vaglie anche la ricetta che ci prepara oggi: la pattona. «Si fa solo in quel triangolo dell’Appennino tosco-emiliano. Mi ricorda la mia infanzia, e in più è buonissima. I raffinati la mangiano nel piatto, per me è come la pizza: se la mangi con le mani è tutta un’altra storia».
La preparava anche sua mamma: «Le patate sono tra le poche cose che si possono coltivare in montagna. D’estate, in piazza, le signore la fanno ancora. È un modo per stare insieme. I nostri vecchi la avvolgevano come un piccolo “scarpone” e se la mangiavano. Poi andavano a lavorare, e come lavoravano!». Se volete provarla, tocca organizzare una gita. «Non ho mai osato cucinarla per gli ospiti. Faccio altri piatti emiliani, i tortellini in brodo o la zuppa inglese. Eccezionalmente la preparo oggi perché vorrei che si diffondesse un po’. L’ho messa anche su Instagram». E Iva sui social è una potenza da quasi duecentomila follower. Il giorno in cui realizziamo questa intervista, l’ultimo post pubblicato è un video che ritrae un piattone di pasta fumante. Didascalia: «La mangerò tutta?». Non potevamo rimanere col dubbio: «No, era mezzo chilo. Il mio compagno esagera sempre, gli chiedo due spaghettini e mi arriva una dose così. Comunque, alla mia età, quasi tutti prendono la pastina, la minestrina. Io invece mi mangio gli spaghetti».
Una passione, quella per il cibo, che Iva sente di avere nel DNA quasi quanto la musica: «Non posso dire di essere una grande cuoca. Mia nonna lo era, forse un po’ ho preso da lei. Faccio pochi piatti, ma quelli che faccio sono buonissimi. Sono presuntuosa? Anche (ride, ndr)». Un amore manifestato già in tenerissima età: «Dopo aver mangiato mi mettevo sempre a piangere. Mia mamma era disperata, voleva chiamare il dottore. Poi una prozia ha detto: questa bambina ha fame. Mi ha fatto il pancotto. Sai cos’è?». Le rispondo in maniera vaga, sperando che anche questo sia un piatto tipico di Ligonchio (risposta: no, si fa un po’ dappertutto): «L’ho mangiato, mi sono addormentata e non ho più pianto. Da lì abbiamo capito tutto».
Tornerebbe al Festival? È la donna che ne ha vinti di più, tre. «Quest’anno ci provo davvero, sei il primo a cui lo dico». Il ritorno della Zanicchi dopo la vittoria dei Måneskin, sembra già tutto giusto: «Quei ragazzi sono un miracolo italiano, sono molto contenta per loro». Li inviterebbe a cena? «Certo, gli farei le patatine fritte con una bella milanesina. Col manico, quella vera. Sono giovani, meglio quella degli hamburger che mangiano in America». O, perché no, a questo punto anche una bella pattona. Da Los Angeles a Vaglie è un attimo.
Pattona dell’Appennino emiliano
«Mescolate la farina con una frusta unendo acqua gassata (130‐140 g circa) e un pizzico di sale fino a ottenere una pastella piuttosto fluida. Preparate un battuto con lardo, un ciuffetto di rosmarino e un po’ di aglio, fondetelo in una padella (ø 22‐24 cm), quindi filtratelo in una ciotola. Versate nella padella unta e ben calda un mestolino di pastella e cuocete una sottile crespella, sui due lati: è la” solada” o “soletta”. Schiacciate le patate, calde, mescolatele con l’uovo, sale, noce moscata e il battuto filtrato; amalgamate i formaggi: dovrete ottenere un purè piuttosto compatto. Stendetelo sulla crespella formando uno strato di 4‐5 cm, non più basso. Servite la pattona, decorata a piacere, come una frittata su un piatto di portata o su un tagliere, a grandi spicchi oppure a quadretti, per l’aperitivo. Si mangia con le mani».
Ingredienti per 4-6 persone
500 g patate bollite
75 g farina 00
70 g parmigiano grattugiato
60 g lardo
20 g pecorino grattugiato
1 uovo
acqua gassata
aglio – rosmarino – sale – noce moscata
Testo di Filippo Ferrari
Foto di Giacomo Bretzel.
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