Mancano pochi giorni: dal 24 settembre Dinner Club, l’originale cooking travelogue prodotto da Banijay Italia, finalmente sarà disponibile su Prime Video in Italia e in più di 240 Paesi e territori nel mondo. Gli ingredienti sono stuzzicanti: Carlo Cracco, come non l’avete mai visto, sei compagni di viaggio davvero speciali, paesaggi e località fuori dalle rotte comuni e ingredienti e ricette che vi lasceranno con la curiosità di assaggiarli (e magari l’acquolina in bocca). Diego Abatantuono, Fabio De Luigi, Pierfrancesco Favino, Sabrina Ferilli, Luciana Littizzetto, Valerio Mastandrea: sei diversi compagni di viaggio per sei avventure indimenticabili. Pochi i limiti: terra, aria e acqua sono i tre elementi nei quali si muovono i protagonisti alla ricerca, talvolta spericolata, di sapori e di tradizioni poco conosciute ma che hanno reso prezioso e inimitabile il nostro patrimonio gastronomico.
Carlo, com’è stato tornare a registrare un programma?
«Inizierei dal fatto che Dinner Club è stato molto di più che registrare una serie. È stata un’esperienza immersiva, piena di sorprese. Non solo di scoperte geografico-culinarie, ma anche umane. Bisogna vedere le sei puntate per capire quello che intendo. Non voglio anticipare niente per non togliere la sorpresa.»
Allora partiamo dall’inizio, che cos’è il Dinner Club?
«Per prima cosa un ritrovo di amici. Che come tutti i club deve seguire delle norme. Vi ricordate Brad Pitt in Fight Club (il film cult del 1999, tratto dall’omonimo romanzo del visionario Chuck Palahniuk). Quello dell’inizio intendo, quello che stabilisce le regole del gioco. Poche, chiare e inviolabili. Anche nel Dinner Club è così: si viaggia in coppia (e io sono sempre uno dei due), con i mezzi a disposizione, si mangia quello che si incontra, con chi si incontra, alla fine del viaggio il mio compagno di avventura dovrà cucinare una cena per gli altri membri del club.»
Gli ingredienti e le ricette che avete incontrato sul vostro cammino sono tutte preparazioni tradizionali estremamente casalinghe. Cosa rappresenta per te la cucina di casa?
«Per me è l’inizio di tutto e dove tutto torna. Un punto cardinale, fisso, che segna la strada. Da tenere d’occhio per non perdere la rotta (e noi cuochi ogni tanto la perdiamo…). Penso ai culurgiones che ho mangiato con Diego Abatantuono o alla zuppa di ricotta con Sabrina Ferilli. Piatti che racchiudono saperi e storia, con affetto e semplicità.»
Carlo, che cosa ti è rimasto di questa esperienza? Avresti voglia di partire di nuovo?
«Ogni viaggio è stato profondamente coinvolgente. I momenti di grande ilarità si sono alternati a momenti di riflessione e di confronto, senza filtro. Ma si sa, il cibo è da sempre condivisione, forse quella che ci è mancata di più nei mesi trascorsi, così il passaggio dalla tavola agli stati d’animo è molto facile e spontaneo. Partire? Il viaggio è da sempre nel mio cuore, anzi forse proprio ce l’ho scritto nel DNA, dal momento che mio papà era ferroviere. Certo, sono pronto. Dove andiamo?»
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