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Polenta taragna, la “scura” della Valtellina

Cosa ci fa un “saraceno” in terra lombarda? Perché è lui il vero protagonista della polenta taragna, piatto tipico della Valtellina, nel cui nome è racchiusa la sua essenza. Saraceno è il grano, mentre “taragna” deriva da “tarai”, il bastone utilizzato per “tarare”,  girare in dialetto valtellinese. Durante la cottura, infatti, la polenta va mescolata senza sosta per evitare che si attacchi sul fondo della pentola, errore irrimediabile. Un tempo, sul fuoco delle cucine economiche, la polenta che ribolliva nel paiolo era “nera”, fatta esclusivamente con farina di grano saraceno. Il risultato era una pietanza molto nutriente, vista anche la presenza di burro e formaggio, ma dal sapore troppo deciso. Chi se lo poteva permettere aggiungeva un po’ di farina di mais, per addolcire l’impatto con il palato. Così è nata la ricetta come la si conosce oggi.

La particolarità della taragna? La farina di grano saraceno

A differenza della “bionda” polenta di mais, la taragna ha un colore decisamente più scuro. Merito del grano saraceno, coltura introdotta in Valtellina intorno alla metà del 1500 e che oggi è Presidio Slow Food. Resistente ai climi freddi, ha da sempre rappresentato uno degli alimenti fondamentali della dieta dei contadini valtellinesi. La farina che se ne ricava è, infatti, alla base anche di altri due piatti tipici della zona: pizzoccheri e sciatt. Considerato in passato poco pregiato, ultimamente il grano saraceno è stato rivalutato per le sue proprietà nutritive. Non contiene glutine, mentre ha un alto valore proteico. Per questo, come la quinoa, è considerato uno pseudo-cereale.

Polenta taragna: il segreto

Sugli scaffali dei supermercati ormai non è difficile trovare dei miscelati precotti, pronti in men che non si dica. Ma il vero segreto per una polenta taragna da leccarsi le dita sta nella cottura prolungata e nella qualità delle farine utilizzate. Per sei persone, in una pentola, meglio ancora se di rame, bisogna portare a ebollizione quattro litri di acqua già salata dove versare un chilo di farina, circa due terzi di grano saraceno e un terzo di mais. La miscela va calata “a pioggia” e mescolata con una frusta per evitare che si formino grumi. Quando il composto inizia ad avere una certa consistenza, si passa al cucchiaio di legno per girarlo sempre nella stessa direzione. Dopo un’ora, circa, a fuoco moderato, quando sul fondo e sulle pareti si è formata una crosticina, è il momento di aggiungere gli altri due ingredienti. Prima il burro, 300 grammi, tagliato a pezzetti. Dopo circa 5 minuti, a cottura ormai ultimata, si aggiunge il formaggio Casera, tipico anche questo della Valtelina, a tocchetti, circa 600 grammi. Prima che questo sia completamente sciolto, la polenta taragna va tolta dal fuoco e versata su un tagliere di legno. La polenta taragna perfetta, ovviamente, si serve ancora fumante, come piatto unico, accompagnata da insaccati o dalla luganega e, dulcis in fundo, da un buon bicchiere di vino rosso.

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