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Design in cucina: gli indispensabili

Da quando la cucina è passata da Cenerentola a regina della convivialità, è a lei che spetta l’arredo più pensato e costoso della casa. Non ci sono più fornelli e lavelli ma «isole operative», con cappe aspiranti, postazioni a induzione, strumentazioni
iper-professionali. Sui ripiani, sugli scaffali, in ogni cassetto, dietro ogni anta sta acquattato un numero iperbolico di quelle che potremmo chiamare sculture da cucina. Sono i nuovi feticci degli acquisti da impulso, una volta scatenati da borsette e scarpe firmate, oggi dagli oggetti che promettono livelli professionali anche ai meno iniziati. Ogni inclinazione, ogni mania, ha i suoi. Colpa del cuoco-scienziato Ferran Adrià che (era il Duemila, e in cucina si andava ancora di frullatore a immersione) ha reso accessibile a tutti la tecnologia che fa fare oooh, cominciando dal sifone: un bicchiere che, grazie a una cartuccia di protossido d’azoto avvitata al beccuccio, regala un effetto mousse prima inimmaginabile a frutta, formaggi, panna.

design casa
Foto di Nico Abbruzzese.

Come rinunciare al Roner, che cuoce sottovuoto a bagnomaria e a temperatura costante garantendo, per fare un esempio, un uovo soffice al tartufo bianco da far restare gli invitati di sasso? L’abbattitore? Venti volte più veloce ed efficiente del freezer, è in-dis-pen-sa-bi-le per un sushi come appena pescato e anisakis-free. La macchina per il sottovuoto? Fondamentale, e che sia quella più performante e professionale, a campana. E come non possedere l’Air Fryer che frigge le patatine senza grassi, senza odori e (quasi) senza calorie? A un livello più modesto ma altrettanto irrinunciabile giacciono, dimenticati nella casa di campagna perché in città non c’era più un buco, il bollitore e la pentola cuocipasta elettrici, il cappuccinatore, il distillatore domestico per ottenere grappe e liquori da regalare a Natale.

A un livello superiore anche il linguaggio diventa criptico. Gli iniziati discutono di «sonicare», cioè dell’uso del bagno a ultrasuoni, che cuoce creme e ingredienti delicati nell’acqua per mezzo di vibrazioni ad alta frequenza; e di «pacossare», cioè trattare i cibi col Pacojet, un frullatore che lavora in sovrapressione a meno 22 gradi producendo mousse, zuppe, gelati di inaudita finezza. E se venisse a mancare la corrente? Speriamo che in quelle cucine siano sopravvissuti un mortaio, un pestello, una frusta, una bastardella. Ma sapranno (ancora) usarli?

Testo a cura di Fiammetta Fadda

Foto di Nico Abruzzese.

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