Mare meraviglioso, paesaggi affascinanti e cucina mediterranea di grandissimo livello e varietà: la Puglia ha tanto da offrire e sono in molti a saperlo, viste le folle di turisti che in estate percorrono le sue coste. E il Salento, piccolo Sud nel Sud, è meta molto ambita, soprattutto tra Lecce e Otranto, e poi scendendo fino a Santa Maria di Leuca. Noi abbiamo esplorato l’altro lato del Salento, quello cheda Gallipoli scende fino all’estremo Sud d’Italia. Il nostro punto di partenza è una piccola frazione, Sannicola, dove si trova la Tenuta Mosè.
Un accogliente rifugio
Superato il cancello d’ingresso, un’imponente facciata con le ombre delle palme disegnate sull’intonaco bianco ci annuncia che la Tenuta è ben protetta dall’esterno. Una volta entrati, ci troviamo in una struttura dalle caratteristiche inattese. Non è una masseria, come quelle che ci si aspetta di incontrare in Puglia. Né un hotel. Gli ambienti, l’uno collegato all’altro, girano intorno a un piccolo parco verde, e l’atmosfera è più quella di una grande casa nella quale i nostri ospiti ci accolgono come amici, e ci fanno subito sentire a nostro agio. Il muro perimetrale che circonda la tenuta non si percepisce più nella sua imponenza, ma se ne apprezza la funzione: qui siamo come in un giardino segreto, protetto e profumato, nel quale la pace, il riposo e il benessere sono proprio quelli che si possono trovare a casa propria, ma con il plus di un servizio impeccabile e di un ristorante di livello, il Petrosino.
In cucina c’è una giovane coppia di cuochi in grado di accontentare ogni esigenza: Angelo Motolese e Jennifer Bianchi, con le verdure e le erbe dell’orto che si trova dietro la grande cucina, oltre a pesci e carni attentamente selezionati, mettono a frutto tra i fornelli le loro passioni: Angelo media tra le sue origini pugliesi (è di Grottaglie, Taranto) e la sua esperienza nei ristoranti tra Milano e Londra, per ottenere un’elegante misura tra i sapori della tradizioni e le esigenze di una cucina più contemporanea. Mentre Jennifer, metà italiana e metà uruguayana, oltre alle conoscenze acquisite nei suoi studi in Liguria, utilizza qualche sapore o qualche tecnica esotica, che sposa con discrezione ai piatti pugliesi. Un esempio? Il Carpaccio di orata dell’Adriatico, marinatura al lime, cipolla rossa, peperoni e peperoncino: prodotti (e nomi) italianissimi, trattamento identico al sudamericano ceviche. Risultato eccezionale. Non mancano piatti più tradizionali come le orecchiette alla leccese, con irresistibili polpettine al sugo, e la tipica ricotta forte salentina, cremosa e leggermente acida.
Pescatori a Gallipoli
Usciamo di casa. Partiamo alla scoperta di questo tratto di Salento, un po’ aspro, a volte anche un po’ imbruttito da un’edilizia non proprio leggiadra, ma anche per questo dotato di un fascino un po’ selvaggio. La nostra prima meta è il centro più noto della zona, Gallipoli, cittadina di origini antichissime, addirittura messapiche, con una evidente vocazione per la pesca. La città è divisa in due parti da un antico ponte che collega la «terraferma» a una sorta di «testa» dove si trova il centro storico, con i suoi caratteristici vicoli, i bastioni e la spiaggia. Proprio i bastioni, in estate, sono una meta ambitissima per l’aperitivo vista mare, tanto che la viabilità, persino a piedi, mette a dura prova anche i più pazienti. Noi, però, vogliamo esplorare il suo lato più artigiano e meno modaiolo, salendo dal porto e fermandoci nella piazza del mercato del pesce. Qui si possono fare acquisti freschissimi, visto che le barche dei pescatori sono ormeggiate pochi metri più indietro, e si può fare una sosta per gustare il pescato del giorno, come i pregiati gamberi viola di Gallipoli, piccoli e dolcissimi. Noi li abbiamo assaggiati al ristorante La Lampara, dove confluisce il lavoro di tutta la famiglia che fa capo al titolare Luigi Padovano. Pescheria, fish lab, ristorante (c’è un altro locale tra i vicoli del centro storico, gestito dal figlio, per aperitivi meno rustici), tutto ruota intorno alla vocazione per il pesce appena pescato.
Poco lontano da Gallipoli, procedendo sulla costa verso sud, arriviamo a Ugento Torre San Giovanni, dove grandi spiagge sabbiose accolgono chi desidera trovare acque cristalline e natura incontaminata. Ci fermiamo da I Contadini, azienda agricola che produce ortaggi, essiccati al sole del Salento, salati a mano e infine messi in conserva. «Questa zona del Salento ha una microventilazione che la rende unica», ci racconta Edoardo Trentin, titolare insieme con i fratelli Emanuele e Gianna. «Grecale e Scirocco, venti marini, influiscono sulle coltivazioni, dando loro una unicità riconoscibile. È il caso del cappero, per esempio, che mio nonno cominciò a coltivare qui in Salento». Parliamo del Cappero di Racale, una specialità dimenticata negli ultimi decenni e oggi riportata in auge fino asuscitare l’interesse di Slow Food e l’apprezzamento del Gambero Rosso, che lo ha premiato nel 2020 come miglior cappero d’Italia. Questi capperi, con la particolarità di essere «scalibrati» (se ne trovano di piccoli e medi), hanno intensi profumi di erbe aromatiche e di macchia mediterranea e una speciale consistenza croccante.
All’incrocio dei mari
La nostra passeggiata fuori casa prosegue in direzione sud. Vogliamo arrivare dove Ionio e Adriatico si mescolano davanti ai nostri occhi. Prima, però, raggiungiamo Gagliano del Capo, per scoprire un laboratorio artigiano che racconta abilità secolari: è la Tessitura Giaquinto, dove Francesco e Cosimino (tessitori ma anche meccanici, perché i telai sono antichi e non sempre si trovano i pezzi per la loro manutenzione) portano avanti il lavoro di genitori e nonni, creando stoffe con filati di qualità. Molte fantasie sono state disegnate dalla nonna, che ne ha registrate a centinaia. Tovaglie, asciugamani, grembiuli, tessuti a metro, nel negozio c’è davvero da perdersi. Restiamo conquistati dalla tovaglia componibile, che si può allungare aggiungendo segmenti a piacimento, grazie ad asole ebottoni. Arriviamo al lembo estremo di Puglia, a Santa Maria di Leuca. Dopo una visita alla basilica e al faro, a 102 metri sul mare, scendiamo a Marina di Leuca e poi fino a Punta Mèliso, dove si trova il confine tra i due mari, con un dolcetto in mano: lo abbiamo trovato da Martinucci, la pasticceria storica della cittadina, che prepara i tradizionali pasticciotti salentini. Addolciti, risaliamo verso Sannicola.
Il piccolo Nord
L’ultima tappa è il ristorante Le Macàre, ad Alezio, pochi chilometri da Sannicola. Entrando in questa «trattoria» si resta stupiti dall’ambiente modernissimo, dal design quasi nordico, in evidente contrasto con il paesaggio esterno: eleganti cromie e geometrie girano intorno al grande tavolo quadrato in legno, eredità della mamma e anima del locale. Ci accoglie Daniela Montinaro, una delle Macàre (fattucchiere in dialetto salentino) fondatrici del ristorante (l’altra ora è impegnata in diverse avventure). Grintosa e preparatissima, Daniela ha lasciato una vita da casalinga per dedicarsi alla sua passione di sempre, e ha creato questo gioiellino, che oggi dirige insieme ai suoi tre figli: Vincenzo e Francesco in cucina, Stella in sala e ai vini. La materia prima è oggetto di una ricerca maniacale, soprattutto l’olio, che ha addirittura una carta dedicata. Nel menù, piatti della tradizione, ma rivisitati secondo il criterio del chilometro buono: «Non sono una integralista del chilometro zero. Se ho bisogno di trovare un ingrediente che questo territorio non mi offre al meglio, lo vado a prendere dove lo trovo di qualità», dice convinta Daniela. Tra i fornelli, spicca la fantasia di Vincenzo, appassionato di cibi di strada e hamburger gourmet come il Big Macara. Ma la scelta in cucina è molto varia: da sperimentare.
Da provare: gli indirizzi
Tenuta Mosè, tenutamose.it
La Lampara, lalamparagallipoli.it
I Contadini, icontadini.it
Tessitura Giaquinto, tessituragiaquinto.com
Martinucci, martinucci1950.com
Ristorante La Loquita, ristoranteloquitaleuca.it
Le Macàre, lemacare.it
0 Commentaires