Il giglietto, come suggerisce il nome, è un biscotto a forma di giglio, simbolo della dinastia Borbone. Ma come si ritrova un biscotto di origine francese a Palestrina e Castel San Pietro Romano, due splendide cittadine a pochi chilometri da Roma?
La storia
L’origine va ricercata nel Seicento, durante il periodo in cui i Barberini, principi di Palestrina, furono costretti a rifugiarsi in Francia presso la corte dei Borbone. Furono proprio i cuochi che li accompagnavano ad apprendere dai pasticcieri francesi la ricetta del giglietto. Una volta tornati a Palestrina, i Barberini diffusero l’usanza del biscotto regale, fatto di pochi ingredienti e realizzato rigorosamente a mano, grazie a una manualità custodita di generazione in generazione.
A partire dall’impasto, particolarmente cremoso e per questo da maneggiare con cura, si dividono tre piccoli pezzi, che vanno allungati a mano, affiancati e arricciati per creare la forma del giglio. Il vero segreto? La manualità, un insieme di gesti che rendono un biscotto diverso dall’altro e la mano che li ha lavorati immediatamente riconoscibile.
Il riconoscimento
Negli anni il giglietto diventa un dolce di casa, fatto dalle donne del paese in occasione dei matrimoni e cotto nei forni comuni. Un’usanza che si è rischiato di perdere, almeno fino a quando, grazie all’impegno della comunità di origine, il giglietto diviene Presidio Slow Food nel 2014. Oggi i forni del Presidio sono solo 2: il Forno Fiasco a Castel San Pietro Romano e il Forno Salomone a Palestrina. A guidare entrambe le attività, una coppia di sorelle e imprenditrici.
Il Forno Fiasco
Tra i bellissimi vicoli di Castel San Pietro Romano, tra i Borghi più belli d’Italia dal 2017, non furono girate solo alcune scene del film Pane, amore e fantasia, ma trova casa anche un’insegna rimasta per lo più intatta negli anni. Bisogna lasciare che sia il profumo a fare da guida fino alle porte del forno, aperto nel 1967 dal padre di Laura ed Erminia Fiasco, le attuali proprietarie. Si trovava in una cantina dove si contano tutte donne a lavorare il giglietto o a preparare il pane con il lievito madre. Fu una signora del posto che aveva appreso il gesto da una suora di Palestrina a portare il giglietto qui, dove ancora si realizza con uova sgusciate a mano, zucchero, farine Solina macinate a pietra e una grattugiata di scorza di limone.
Il Forno Salomone
Altre due sorelle dirigono il forno che prepara abbondanti vassoi di pasta all’uovo a Palestrina. Ha aperto nel 1975 al centro della cittadina per poi spostarsi in una zona più comoda e spaziosa, sempre per iniziativa del padre di Antonella e Monica Salomone, le attuali proprietarie, che lavorano con i genitori sin da piccole e imparano dalla mamma a preparare il giglietto. Oggi sono supportate anche dal resto della famiglia, e oltre ai giglietti cucinano altre bontà tipiche del territorio.
La ricetta
Ingredienti
3 uova
25 g zucchero
125 g farina di grano tenero antico Solina
Scorza grattugiata di 1 limone
Procedimento
In una ciotola lavorate le uova e lo zucchero con una frusta elettrica per almeno 10 minuti, fino a ottenere un composto spumoso. Incorporate quindi la scorza del limone e la farina. Riprendete a lavorare fino a ottenere un impasto uniforme. Per dare la caratteristica forma al biscotto: con le mani ben infarinate, prelevate una quantità di impasto (1 cucchiaio abbondante) e lavoratelo a forma di serpente. Dividetelo in 3 segmenti uguali, e su una teglia coperta da carta forno affiancatele e unitele da un capo, allungando le punte dell’altro per ottenere il giglio. Distanziate accuratamente i gigli e infornate in forno caldo a 180° per 15 minuti circa fino a una leggera doratura.
Il tiramisù
Sulla grande versatilità del giglietto c’è consenso assoluto. Così, anche grazie al festival che si svolge ogni anno, il giglietto sprona la creatività degli chef e dei locals che hanno creato abbinamenti fantasiosi, come nella ricetta in cui il giglietto è la base per la cheesecake, un crumble o un accompagnamento a creme e yogurt. Infine anche in versione salata, come nella proposta dell’archeochef Gabriella Cinelli, instancabile promotrice di questo territorio, ottimo per l’aperitivo, con l’aggiunta nell’impasto di zafferano, pecorino e parmigiano. Tra le interpretazioni più gettonate c’è quella che vede il giglietto protagonista di un sontuoso tiramisù. Per saperne di più, abbiamo chiesto a Simone del Ristorante Baficchio di Palestrina, aperto nel 1964 da nonno Pietro, come prepara il suo tiramisù al giglietto.
Procedimento
Alla base c’è la crema del tiramisù che qui viene realizzata con 1/3 di mascarpone, 1/3 di crema pasticcera, 1/3 di panna. La caratteristica principale è la croccantezza, per questo il tiramisù viene composto pochissimi minuti prima di essere servito. A partire da una teglia o un vassoio, si cosparge la base di un fine strato di crema, poi si aggiunge un biscotto, altra crema, questa volta abbondante, un altro biscotto, e ancora crema. Volendo si può completare con un terzo giglietto decorativo. Prima il biscotto deve essere bagnato con caffè espresso freddato con ghiaccio e non allungato con acqua. Il cacao viene aggiunto non solo sopra, ma anche negli strati intermedi.
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