Tre anni di Guida Michelin in Franciacorta: un gran bel colpo. Significa ospitare (e organizzare bene, cosa diversa) il meglio del mondo culinario italiano: cuochi, addetti ai lavori, appassionati Vip e giornalisti. E’ l’Evento con la e maiuscola, al di là della retorica e dei luoghi comuni: a parte il congresso milanese di Identità Golose – sorta di ‘salotto buono’, talvolta autoreferenziale – nel nostro Paese è solo la presentazione della ‘Rossa’ ad avere un seguito importante, a creare attese, a sollecitare pronostici. Basta un elemento: il numero di giornalisti, non c’è quotidiano locale o sito culinario che non mandi un inviato a raccontare le neo-Stelle o le delusioni, con passione che sconfina nel campanilismo. Ci sta, e diciamolo chiaramente, è parte del fascino.
La differenza della Rossa
Perchè la Guida Michelin – discussa e discutibilissima – resta un Monumento. L’èquipe di ‘avventori misteriosi’ – i primi ispettori, già temuti, erano chiamati così in origine – per recensire anonimamente i ristoranti assegnò le prime stelle singole alle insegne di alta cucina nel 1926 mentre il debutto delle due e tre stelle risale nel 1931: il solo fatto che la classificazione che non sia più stata toccata, per quanto il mondo (della cucina, in primis) sia cambiato, è fantastico. Altro che vintage. Certo, la Rossa si è fatta anche app, ha stretto persino un accordo con TripAdvisor – che a ben vedere, ne rappresenta l’antitesi – e subisce pesanti critiche dagli addetti ai lavori. Ma è sempre in viaggio, qualcuno la mette ancora nella tasca della portiera o nel vano anteriore del proprio veicolo. E questo è l’elemento, sottovalutato, che la rende differente dalle altre guide gastronomiche, più attente ai nuovi ristoranti e ai giovani cuochi ma rivolte sostanzialmente a una nicchia di gourmet.
Aumenta il fatturato
Forse la Rossa non sarà reattiva, preferisce il conservatorismo all’avanguardia e tiene in vita –soprattutto in Italia e Francia – posti un po’ decotti, superati. Ma su un aspetto non si può discutere: arriva ovunque, segnala almeno un ristorante (e un hotel, anche questo conta) in migliaia di località, mantiene quell’aura da grand vagabondage che il GPS non ha annullato, ma semmai ha reso più fattibile. E le stelle continuano a essere l’Ambizione somma: conquistare la prima vuol dire entrare nel salotto buono, oltre a far registrare regolarmente un aumento delle prenotazioni al locale del 30-35 per cento. Il sogno della terza – riservata a pochissimi, in Italia sono 11 su 374 stellati – comporta spesso decenni di sacrifici e di stress per non parlare dell’impegno economico. Rivedere il film “Il sapore del successo” con Bradley Cooper chef è illuminante in questo senso. Ma facendo un paragone calcistico, è come iniziare da ragazzino a giocare in una piccola società e finire in Nazionale, passando per una squadra blasonata. Uno su 1000, forse 10.000 ce la fa, ma bisogna provarci.
A casa del Maestro
Sempre misteriosa (altro elemento di fascinazione collettiva) e imperturbabile alle mode, la Rossa tira dritto, si è aperta al mondo – oggi ci sono edizioni anche per Bangkok, Shanghai, Taipei – ma non perde quell’aplomb tutto transalpino che fece infuriare il divino Gualtiero Marchesi nel 2008 quando restituì clamorosamente le stelle. «Ciò che più m’indigna è che noi italiani siamo ancora così ingenui da affidare i successi dei nostri ristoranti a una guida francese» sentenziò. Chissà cosa avrebbe detto il Maestro scoprendo che il 23 novembre, a pochi km dall’Albereta dove officiava, verrà presentata l’edizione 2022. Scelta importante: Milano è vicina, ma non è la Franciacorta. C’è quel senso di provincia, ricca e golosa, al centro della Lombardia di cui si dimentica spesso la parte agro-alimentare, nascosta dalla skyline milanese e da un terziario senza limiti.
I primati lombardi
Invece, la Lombardia è la prima regione agricola d’Italia: produce il 37% del latte italiano, il 42% del riso italiano, il 40% dei prodotti suinicoli italiani. E’ prima anche per superficie dedicata all’agricoltura, le cui attività coprono il 69% del territorio, e sono curate da circa 50mila aziende. L’alto livello della produzione è certificato da 34 prodotti DOP e IGP, oltre un decimo del totale nazionale, nonchè da 42 vini a marchio di qualità (5 DOCG, 22 DOC e 15 IGT). Non bastasse, nell’edizione 2021 della Guida Michelin figurano ben 59 ristoranti stellati lombardi (tre a 3 stelle, sei a 2 stelle, 50 a una stella). Numero uno, senza rivali, ma non solo per merito di Milano. La provincia di Brescia (quella della Franciacorta, guarda caso) con il Garda come gioiello è tra le prime cinque in Italia per numero di ‘macaron’. Fermo restando che la Rossa deve essere indifferente alla location, è evidente che per i cuochi lombardi in fase emergente si apre un triennio decisamente competitivo.
Tre anni di lavoro
Ma in generale, deve essere chiara l’opportunità data alla Franciacorta, terra di vini più che di prodotti e ristoranti (ammettiamolo), di crescere non tanto per l’occasione in se stessa ma per fare bene una volta spente le luci del palcoscenico. Trovando una chiave di lettura che vada oltre le meritevoli cantine che hanno reso famoso, in poco tempo, un territorio conosciuto sostanzialmente solo da chi frequenta l’asse Milano-Bergamo-Brescia. Ecco perchè, ben sapendo che la prima edizione della Michelin ‘franciacortina’ sarà comunque un successo, ci permettiamo l’invito al Consorizio (ma non solo) a ragionare già su quelle che verranno nel 2022 e 2023: lì si avrà davvero la possibilità di creare un meccanismo vincente per gli anni a venire. Siamo campanilisti? Certo, ovvio.
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