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Il Cucibocca di Montescaglioso e i Nove Bocconi dell’Epifania

Il Cucibocca di Montescaglioso e i Nove Bocconi dell’Epifania
Il Cucibocca di Montescaglioso e i Nove Bocconi dell’Epifania
Il Cucibocca di Montescaglioso e i Nove Bocconi dell’Epifania
Il Cucibocca di Montescaglioso e i Nove Bocconi dell’Epifania
Il Cucibocca di Montescaglioso e i Nove Bocconi dell’Epifania
Il Cucibocca di Montescaglioso e i Nove Bocconi dell’Epifania
Il Cucibocca di Montescaglioso e i Nove Bocconi dell’Epifania
Il Cucibocca di Montescaglioso e i Nove Bocconi dell’Epifania

«Tè còs’ la vòcch’!» (ti cucio la bocca), va intimando, con un enorme ago, il Cucibocca nella notte dell’Epifania lungo le strade di Montescaglioso (Matera). Proprio la bocca, quella da usare per mangiare i suoi Nove Bocconi.  Nessuno sa bene chi sia: potrebbe essere un’anima del Purgatorio o un pellegrino. Lo strano figuro sembra essere provato da un lungo viaggio: lunga barba di canapa, per occhi bucce di arance, privo di bocca, un fiscolo per cappello, catene alla caviglia, in mano una lanterna e un canestro di vimini. Forse viaggia per giungere in qualche luogo santo, forse viaggia per cercar qualcosa o cammina fuori per arrivare a una meta dentro… Il Cucibocca viaggia, con quell’ago che nella notte magica spaventa i bambini, e non solo. E siccome viaggia, ha bisogno di quegli ultimi Nove Bocconi per attraversare il confine tra il Vecchio e il Nuovo Anno. Arrivare a 9 e ricominciare da 1 già sulla soglia del Nuovo Sole, con prosperità e «bonauguri’».

I Nove Bocconi

Nove Bocconi ciascuno diverso dall’altro: se anche uno solo non sarà contato, il nuovo anno potrebbe essere scarso e sfortunato. Una ritualità imposta da un volto che non ha una bocca, ma solo una lunghissima barba. E allora giù con le tradizionali pettole, strascinat, baccalà a ciauredda, fucazz, fichi secchi, frutta secca, olive, crustl, e cauzunciedd. In tempi più recenti, i montesi hanno avuto la brillante idea di mettere tutti i Nove Bocconi in un gigantesco pasticcio: il Calzone del Cucibocca, un filone di circa un metro e mezzo farcito con olive, funghi, melanzane, pomodori secchi, salame dolce, pepe nero, paprica, grana e cime di rapa. Non so quanto felice sia il Cucibocca per questa variazione sul tema, ma sicuramente il calzone è un gustoso cibo di strada da scoprire inseguendo le orme del misterioso viandante. Più è grande la dimensione del proprio pezzo e più sarà grande la fortuna. E a questo punto si può brindare: «Signori, stu mier’ fac tocca tocca, nu brindisi facimm a li Cucibocca!» (Signori, questo vino fa tocca tocca, un brindisi facciamo ai Cucibocca).

Il calzone del Cucibocca.
Il calzone del Cucibocca.

Il Cucibocca comincia il viaggio dall’Abbazia di San Michele Arcangelo. Qui in origine sorgeva la vecchia acropoli greca del VII secolo a. C., che dall’893 fu sede monastica fino ad arrivare al XVI-XVII secolo, quando fu affidata ai Benedettini. Gli stessi Benedettini fecero realizzare gli affreschi nella Sala dei Misteri o Sala della Biblioteca dell’Abbazia. Un solo elemento certo si ha nell’attraversare il viaggio del Cucibocca a Montescaglioso, e si trova affrescato nella Sala dei Misteri: Arpocrate, dio del Silenzio. «Iside, dopo essersi messa al collo un amuleto, partorì Arpocrate all’epoca del Solstizio invernale, dandolo alla luce ancora imperfetto e immaturo, in mezzo ai primi fiori e ai primi frutti spuntati in anticipo sulla stagione…», così Plutarco descrive la nascita di questa divinità che porta l’indice alla bocca per intimare il silenzio. Il Silenzio di colui che sa e non parla, mangia. E infatti a Montescaglioso il dio raccomanda: «Silentium sit vobis charum ut vivet non sit amarum» (Il silenzio vi sia caro affinché il vivere non sia amaro).

Non è “peregrino” pensare che, secoli e secoli addietro, a Montescaglioso si vide andar “per agri” il “pellegrino” impolverato e misterioso che oggi festeggia l’Epifania per le vie del paese, proprio come ancor prima pellegrinarono i Magi sulla scia di una cometa. Il resto è silenzio.

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