L’olio nuovo si rinnova di anno in anno come la raccolta delle olive. Per l’olio nuovo 2021 le previsioni della campagna olivicola-olearia, in pieno svolgimento, non sono ottimistiche. Non si tocca la qualità, ma la quantità sì e di conseguenza i prezzi. Secondo le stime di Ismea e Unaprol la produzione nazionale dell’olio nuovo 2021 supererà le 300mila tonnellate, in crescita del 15% sul 2020, ma molto lontana dall’abbondanza che ci si aspettava a inizio campagna, tra gelate primaverili, siccità estiva e la frequente alternanza di caldo freddo che non giova agli oliveti. Crollo vertiginoso nel centro Italia e in alcune regioni del settentrione, meglio Puglia, Calabria e Sicilia. Cosa comporterà una scarsa produzione di olio nuovo 2021 per il consumatore finale? Come può orientarsi per acquistare comunque un olio extravergine d’oliva di qualità?
Come riconoscere la qualità
Se le quantità dell’olio nuovo 2021 saranno inferiori all’anno precedente, dovremo essere pronti alle conseguenze. «Il prezzo è la prima variabile, se l’olio nuovo costa poco avrà avuto meno cure e attenzioni e sarà di bassa qualità… Questo vale per tutti i prodotti agricoli, ma per l’olio è ancora più importante perché, anche tra gli italiani, non c’è grande conoscenza», spiega Filippo Legnaioli, presidente del Frantoio di Grevepesa e capo panel della prima commissione di assaggio Olio Dop Chianti Classico. «Considerando, quindi, i prodotti dal prezzo medio o medio alto, bisogna far caso alle denominazioni di origine, perché sono garanzia di qualità e perché valutati sia da assaggiatori sia da laboratori di analisi, che ne hanno certificato le caratteristiche chimico-fisiche ottimali». E se quest’anno gli oli extravergine d’oliva d’origine protetta (DOP) o con un’indicazione geografica tipica (IGT) saranno scarsi, la scelta può orientarsi sull’olio che abbia indicato sull’etichetta «100% italiano».
L’olio più buono non esiste
Olio nuovo 2021 a parte, oggi la difficoltà principale per il consumatore è che, in genere, non ha gli strumenti per riconoscere davvero la qualità dell’olio extravergine. «La frutta la tocchiamo, il vino lo guardiamo, annusiamo e assaggiamo, l’olio solitamente lo versiamo in padella senza sapere esattamente cos’è e che sapore ha», aggiunge Nicolangelo Marsicani, produttore di Olio Dop Cilento, amministratore della scuola di assaggio Oleum e consulente per altre 14 aziende olivicole. «Non esiste l’olio più buono in assoluto, ma se sommiamo tutti i produttori più attenti alla qualità, questi non rappresentano più del 5% della produzione nazionale», continua Marsicani. «Il produttore potrebbe combattere la classica alternanza sulla resa, di un anno sì e l’altro no, con tecniche agronomiche, con potature oculate, per esempio, o favorendo le politiche industriali che sfruttino i finanziamenti europei in modo sistematico e non assistenziale». In questo la Spagna è più avanti, «in Italia scontiamo l’assenza di professionisti, tra hobbisti della domenica o coloni di latifondi senza consapevolezza delle tecniche di moderna agricoltura. Raccogliamo quello che la natura regala o poco più». Cosa fare, allora? «Serve un’idea di olivicoltura seria, aggiornata, lungimirante; sappiamo e sapremo fare un’ottima bottiglia di olio nuovo, ma l’obiettivo è arrivare sugli scaffali del supermercato con oli bellissimi, di eccellente qualità e a prezzi adeguati».
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