Nonostante la scarsa considerazione di uno studioso celebre come Plinio il Vecchio, che nel I secolo si chiedeva come mai la natura proteggesse dentro una «cupola irta di spine» un frutto di così scarso valore, praticamente una ghianda, la castagna è considerata la regina dell’autunno. Racchiusa nel suo riccio pungente, fa subito venire in mente passeggiate ottobrine nei boschi, venditori ambulanti che offrono fragranti caldarroste e tante ricette della cucina contadina.
Anche se sembra snobbarla (a differenza del cuoco Apicio che la apprezza), Plinio il Vecchio ci descrive l’utilizzo della castagna in cucina: dai suoi frutti le popolazioni di montagna ricavavano già allora la preziosa farina per fare il pane e la polenta, usata anche a scopo rituale nei periodi nei quali certi culti arcaici, come quello di Cerere, vietavano i cereali.
Più avanti nei secoli governanti capaci come la contessa Matilde compresero l’importanza di questo «pane dei poveri», in tempi nei quali la patata era di là da venire, tanto che la feudataria passò alla Storia, oltre che per aver «portato a Canossa» un imperatore penitente, anche per aver introdotto una particolare messa a dimora a triangolo dei castagni, chiamata ancora dagli agronomi «sesto matildico».
La castagna che oggi mangiamo come caldarrosta o come golosissimo marron glacé è invece detta «marrone», è più grande ed è nata da potature e innesti a opera dell’uomo. Marrone e castagna sono spesso usati come sinonimi: chi non ha mai sentito il famoso detto «prendere in castagna», cioè «cogliere in fallo»? I filologi sostengono che in latino tardo marro significasse anche «errore», i birichini ricordano che la forma della castagna ha sempre evocato quella dei testicoli, come già asseriva nel VI secolo un santo dotato di fantasia goliardica come Isidoro di Siviglia. Se invece le buttiamo in acqua bollente, ce le troveremo lessate e ballotte (bollite con la buccia). Infilandole secche una a una a formare una collana, otterremo le filze, i firunatt che a Sant’Ambrogio si vendevano a Milano alla fiera degli Oh bej, oh bej e anticipavano la gioia del Natale.
E adesso che arriva il freddo, si può provare a tenere una castagna «matta» in tasca: è simile ai marroni, ma è il frutto dell’ippocastano e non è commestibile. In compenso sembra aiuti a tenere lontano il raffreddore grazie una sostanza antinfiammatoria, l’escina. Sciocchezze? Può darsi, ma è così carina, con la sua buccia lucente, come una pietra preziosa dell’autunno…
(Ricerca storica a cura di Marina Migliavacca e Valeria Nava)
La rarità: Monumento vivo
Si chiama Castagno dei Cento Cavalli, si trova nel bosco di Carpineto nel Parco Regionale dell’Etna (CT), ha un’età stimata dai botanici tra i 2000 e i 4000 anni e dovrebbe essere il più grande albero d’Europa e il più antico d’Italia. Riconosciuto dall’Unesco nel 2006 come Monumento Messaggero di Pace, prende il suo nome da una leggenda che racconta che una regina con il suo seguito di cento cavalli e cavalieri trovò rifugio sotto le sue fronde durante un temporale.
Due facce della stessa delizia
Il castagno (Castanea sativa, C. major) è una pianta originaria delle coste del Mediterraneo. In Italia le regioni che più si dedicano alla castanicoltura sono Piemonte, Toscana, Campania, Sicilia e Lazio. Le molte varietà si dividono in quattro grandi gruppi: marroni, castagne, ibridi euro-giapponesi, giapponesi. Marroni e castagne si diversificano per la dimensione e quindi per la quantità di frutti contenuta in un chilo. Oltre al calibro, la caratteristica principale dei marroni è che la pellicola (episperma) che ricopre internamente il frutto si stacca con grande facilità e non si insinua nella polpa. Questo invece è così tipico delle castagne, che spesso il frutto risulta diviso a metà dalla pellicina stessa, in questo caso si dice «settato». Gli ibridi sono ottenuti dall’incrocio tra Castanea sativa e il castagno giapponese, Castanea crenata. Uno dei motivi di questa pratica è che le piante giapponesi sono più resistenti alle malattie e fruttificano già in settembre. Tra le varietà più note c’è la Bouche de Bétizac (n. 1). Le piante giapponesi non ibridate con la specie europea sono più piccole e i frutti, di media grandezza, sono pronti già alla fine di agosto.
1. Marroni Bouche De Bétizac
Di grandi dimensioni, di forma appiattita, un frutto può arrivare a pesare 30 g. In un chilo si contano da 38 a 40 pezzi. Per eccellenti marron glacé.
2. Castagne deella Valle Grana
Piccole e profumatissime, tipiche di Caraglio (CN): per un chilo ci vogliono 80-85 pezzi. Adatte anche alle preparazioni salate come il nostro risotto.
3.Marroini alle pendici di Bisalta
Arrivano dal versante cuneese delle Alpi Liguri. Di grande dimensione: 40-42 pezzi per un chilo.
4. Castagne di Villanova
Da Mondovì (CN), sono saporite, ma di piccola taglia (80-85 pezzi per un chilo). Ideali nelle zuppe di legumi.
5. Castagne del Monte Amiata IGP
Marroni e castagne toscane di grande pezzatura, usati nelle ricette tipiche come castagnaccio, necci, frittelle e polenta, oppure per produrre birra.
6. Marroni di Mondovì
Sono protagonisti, con tutte le altre varietà piemontesi e no, alla Fiera Nazionale del Marrone che si svolge a Cuneo normalmente nella seconda metà di ottobre. Si trovano in vendita anche essiccati perché hanno un’ottima resa.
Tre lavorazioni
Le castagne richiedono lunghi tempi di preparazione. Per sveltire il lavoro in cucina, sono molto pratiche quelle già lessate, sbucciate e pronte per il consumo; confezionate in sacchetti sottovuoto, durano diversi mesi. Altrettanto valide quelle precotte surgelate. Essiccate: dopo essere state lessate e sbucciate, vengono fatte asciugare; basterà reidratarle nel latte o nel brodo caldo, oppure cuocerle in una zuppa di verdure. Macinate in farina, sono perfette per preparare il castagnaccio o paste fresche.
Le nostre ricette
Caldarroste in pancetta
Ingredienti per 4 persone
12 castagne caldarroste
12 fette di pancetta tesa affumicata
rosmarino
Procedimento
Sbucciate le caldarroste e avvolgetele singolarmente con le fettine di pancetta. Profumate con qualche fogliolina
di rosmarino. Accomodatele in una placca foderata di carta da forno e infornatele a 200 °C per 6‐8 minuti finché
la pancetta non diventa croccante. Servite a piacere su foglie di castagno.
Risotto alle castagne con pollo e salvia fritti
Ingredienti per 4 persone
500g castagne fresche
320g riso Carnaroli
70g burro salato morbido
20 foglie di salvia
1 carota
1 porro
40g Parmigiano Reggiano Dop
vino bianco secco
farina di riso
limone – noci- olio di arachide
timo-sale
Procedimento
Cuocete le castagne in acqua bollente per 40 minuti, sbucciatele quando saranno tiepide e filtrate l’acqua di cottura (per velocizzare potete usare le castagne già cotte). Frullate il burro morbido con 100 g di castagne cotte e sbucciate
e 1 cucchiaio di succo di limone. Mettete il burro aromatizzato in freezer per almeno 30 minuti. Mondate il porro e conservate
le guaine esterne. Il resto affettatelo finemente nel senso della lunghezza, infarinate le listarelle con la farina di riso e friggetele in abbondante olio di arachide bollente. Fate lo stesso con la salvia. Scolate su carta da cucina. Riportate l’acqua di cottura
delle castagne sul fuoco, salatela e profumatela con timo, 1 carota a tocchi, qualche guaina esterna del porro; cuocete sulla fiamma al minimo per 20 minuti ottenendo il brodo per cuocere il risotto. Tostate a secco il riso in casseruola fino a che non sentirete che è caldo, sfiorandolo con le dita. Sfumate con 1 bicchierino scarso di vino bianco, poi iniziate a bagnare con il brodo e dopo 10 minuti unite le castagne sbucciate e tagliate a tocchetti; dopo altri 5 minuti togliete dal fuoco e mantecate con il burro alle castagne, freddissimo, e il parmigiano grattugiato. Servite con porro e salvia fritti, poche noci, e completate a piacere con le castagne in mostarda (si trovano al supermercato).
Foto di Riccardo Lettieri
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