Capesante, pettini, canestrelli, cozze di San Giacomo: sono tanti i nomi della conchiglia che, dopo ostriche e cozze, è la più consumata al mondo. Le capesante gratinate sono un grande classico che ben accompagna l’abbondanza degli antipasti di pesce di tutte le festività natalizie: perfette, per ovvie ragioni, per il cenone della Vigilia, arricchiscono di gusto anche la tavole dei San Silvestro. Ma come cucinarne una buona e scegliere i migliori prodotti in commercio? Ci dà una mano a sciogliere ogni dubbio lo chef Daniel Canzian del ristorante Daniel di Milano, il primo ristorante di cucina contemporanea veneta.
Tradizione o innovazione
Non vi sono evidenti cenni storici che possano attribuire alle capesante gratinate il titolo di piatto tradizionale del periodo natalizio, certo è un piatto raffinato e prezioso che conquista i palati dal momento in cui la si vede all’interno della propria conchiglia perlacea, dorata e profumata. Per lo chef Canzian il ruolo è più da collocarsi nella tradizione adriatica, nella fattispecie quella del nord dell’Adriatico. Il fatto poi che la stagione ideale in cui consumarle cada proprio nel periodo delle natalizio ha aiutato in Italia questa portata classica a divenire piatto delle festività.
Quale capasanta scegliere (anche surgelate)
Come tutti i frutti di mare il prodotto deve essere fresco e di qualità. La maggior parte delle capesante in commercio in Italia arrivano dai mari del Nord, principalmente dalla zona della Bretagna. Generalmente sui banconi del pesce le troviamo già aperte (dunque morte) e allora dovremo prestare attenzione al colore del mollusco che sia brillante e non spento, perché la capasanta fuori dall’acqua non vive a lungo. Le preferite dallo chef del Daniel sono però «quelle del nord dell’Adriatico, anche se sono di dimensioni più piccole, hanno un sapore e un profumo più intenso». Sfatiamo il mito che il pesce fresco sia sempre la scelta migliore, e lasciamoci consigliare dallo chef che dice che «se non siamo sicuri della provenienza e della freschezza della capasanta è sempre meglio prendere un buon prodotto congelato», basta scongelarle e utilizzarle come le capesante fresche, il risultato sarà ottimo comunque.
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Ma Gordon Ramsey il corallo non lo mangia…
«La capasanta va lavorata in maniera semplice», spiega lo chef. Il consiglio, una volta aperte le valve, è quello di sciacquare via bene la sabbia e di eliminare la sacchetta nera degli intestini. Una volta pulita, va rimessa nella conchiglia e «arricchita con pangrattato, olio buono, prezzemolo, aglio tritato, sale e vino bianco. Passata in forno a 160°/170° fino a che risulti dorata e cotta». Guardando alcune trasmissioni di cucina internazionale in Tv si nota che alcuni chef eliminano il corallo (la parte arancione acceso annessa alla noce della capasanta), in quanto non buona. Daniel ci dice la sua, ammettendo che è una parte dal gusto deciso e che può non piacere, alla fine «io la mangio sempre e a parer mio buttarla è uno spreco».
La capasanta gratinata orientale del ristornate Daniel
Al ristorante Daniel di Milano le capesante sono in menù sia gratinate sia no. La versione gratinata gioca con elementi di origine orientali, ormai di uso comune nelle cucine contemporanee. «Nella nostra versione più evoluta, si sostituisce il prezzemolo con alga wakame, l’aglio con dello zenzero tritato e un goccio di salsa di soia al posto del sale, questi elementi si sposano con la dolcezza e lo iodato della capasanta». In carta c’è anche la Capasanta Serenissima, una versione fredda con alga wakame e mela cotogna.
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