La pesca sconsiderata, praticata con mezzi impropri, che devasta fondali e che mette a rischio la sopravvivenza di intere specie, crea enormi danni all’ecosistema e rischia di alterare irrimediabilmente l’equilibrio della fauna marina, compromettendo la biodiversità. Per questo è fondamentale la pratica di una pesca che sia rispettosa dell’ecosistema, sostenibile, così da preservare le specie marine ma anche tutte le attività economiche che ad essa sono collegate.
Un supporto per innescare pratiche virtuose giunge da Marine Stewardship Council (MSC), un’organizzazione internazionale non-profit nata per affrontare il problema della pesca non sostenibile con lo scopo di garantire l’approvvigionamento di prodotti ittici non solo per il presente ma con uno sguardo al futuro. «La missione di MSC – afferma Francesca Oppia, Program Director MSC per l’Italia – è utilizzare il programma di etichettatura e certificazione della pesca sostenibile per contribuire alla salute degli oceani del mondo. Vogliamo trasformare il mercato dei prodotti ittici attraverso il riconoscimento e la premiazione delle pratiche di pesca sostenibili e vogliamo sensibilizzare le persone sull’importanza di acquistare prodotti ittici con il marchio blu MSC. Lavoriamo con la pesca e le aziende di tutto il mondo per realizzare questa missione».
Cosa significa sostenibilità della pesca
Parlare di sostenibilità ambientale è molto complesso, soprattutto in un ecosistema marino. «Non è qualcosa in nostro controllo come può essere un campo di grano – afferma Oppia – in mare è tutto molto difficile. Una pesca sostenibile presuppone specifiche caratteristiche scientifiche». Perché si possa definire scientifica, deve infatti basarsi su tre parametri: il primo è la popolazione, la specie, il tipo di pesce che si sta pescando, che deve essere in salute, secondo alcuni parametri precedentemente fissati. La pesca poi deve sempre lasciare in mare abbastanza pesci, perché questi si possano riprodurre. Il secondo elemento fondamentale è legato alla salvaguardia dell’intero ecosistema: la pesca che decidiamo di praticare deve avere il minimo impatto sull’habitat marino. Occorre trovare un equilibrio. Un terzo e ultimo aspetto che fa sì che la pesca si possa definire sostenibile è la gestione. Tutto deve essere organizzato e vi deve essere un piano che consenta di adeguarsi facilmente alle mutevoli condizioni della popolazione marina. Se, per esempio, la popolazione dei pesci diminuisce per morìa naturale, occorre rivedere tutti i numeri. Anche la pesca deve avere una pianificazione come si farebbe con una agricoltura moderna. La sostenibilità poi, è qualcosa che non ci dà la foto istantanea della situazione attuale, ma che guarda a quello che accadrà in futuro.
Cosa è la certificazione MSC
La certificazione MSC è un modo per dimostrare che una pesca incontra le migliori pratiche internazionali per la pesca sostenibile. Pesce e frutti di mare di pesca certificata sono riconoscibili grazie all’etichetta blu MSC, che assicura i clienti che ciò che stanno acquistando è sostenibile. «Per ottenere questa certificazione – spiega Oppia – le attività vengono valutate da organismi di certificazione indipendenti. Gli interlocutori, in queste dinamiche, sono i pescatori stessi, le autorità, le aziende della filiera, i paesi, che hanno tutto l’interesse a preservare un equilibrio di risorse. Oltre ai consumatori, che devono imparare a scegliere in modo consapevole».
Pesca sostenibile: le specie più richieste
Ciò che si pesca è guidato dal mercato. Oggi sono dieci circa le specie più richieste, e questo fattore mette sotto pressione tutto il comparto. Anche tra le specie con maggiore domanda, ci sono per fortuna stock che vengono gestiti in modo sostenibile. Un caso di questi è il salmone. Le acciughe invece, sempre molto richieste dal mercato, non hanno esempi di pesca sostenibile nel Mar Adriatico, mentre in Spagna ci sono per la stessa tipologia di pesci degli stock certificati sostenibili. Anche in questo caso, occorre guidare il consumatore nella scelta del prodotto giusto.
Pesca sostenibile: i paesi più virtuosi
Non tutti i paesi hanno la medesima sensibilità rispetto a questo tema. Nel nord Europa la sostenibilità è un fattore tenuto in più alta considerazione. In Norvegia, Svezia e Finlandia la pesca è una attività economica fondamentale, perché lì la sostenibilità è un fatto sociale, oltre che ambientale. Se uno stock sparisce, l’impatto è devastante sul piano economico, perché si manifesta subito una perdita di ricavi e di lavoro. Ogni realtà, prima di essere definita sostenibile, viene valutata da un gruppo di esperti per ben due anni. E per ottenere la certificazione tutti i dati devono essere coerenti rispetto ai tre parametri fondamentali sopra descritti.
Il caso del polpo delle Asturie
Una best practice riguarda la pesca del polpo delle Asturie, nel nord ovest della Spagna. Qui le famiglie dedite alla pesca del mollusco avevano stipulato con il governo un piano di gestione che prevedeva una chiusura della pesca da dicembre a luglio, un peso minimo di cattura di 1 kg, e un limite di 350 nasse per barca, con una quota complessiva di 10 tonnellate per imbarcazione per anno o per stagione. Richiedendo una certificazione MSC, i pescatori sono stati spinti verso l’implementazione di regole di controllo delle catture più stringenti e la necessità di favorire conoscenze scientifiche più approfondite a livello di governo regionale. Quella delle Asturie Occidentali è diventata dunque la prima pesca al polpo al mondo a essere certificata secondo lo Standard MSC. Da quel momento la pesca ha ottenuto una serie di benefici economici, sociali e ambientali, tra cui prezzi più vantaggiosi, nuovi mercati, una migliore governance e una migliore salute degli stock. «Guadagniamo di più pescando meno – hanno spiegato i pescatori – ed è più sostenibile per noi e per il polpo».
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