Primo mito da sfatare: l’amatriciana non è un piatto della tradizione romana. È più corretto dire laziale, visto che, come il nome lascia intendere è un piatto originario di Amatrice, il borgo del reatino tristemente noto per il terremoto del 2016. Anticamente villaggio di pastori, è a due passi da Grisciano, cui invece si attribuisce la nascita della gricia, altro piatto della tradizione pastorale fra Lazio e Abruzzo, dove era d’uso fare la transumanza delle pecore. Certamente per vedere realizzata la prima amatriciana bisogna attendere fino almeno al Settecento, quando si impose l’utilizzo del pomodoro portato in Italia dalle Americhe e si cominciò a mangiare la pasta al pomodoro.
Il piatto dei pastori in transumanza
La storia è semplice: i pastori andavano in transumanza con le loro pecore per settimane e si portavano dietro ingredienti per un pasto sostanzioso quanto facile da cucinare. Non mancava mai il grasso di maiale, il guanciale nella fattispecie, certamente il pecorino era in dotazione, la pasta secca si conservava bene e rendeva il pasto sostanzioso. Qualche anno più tardi, come si diceva, si aggiunge il pomodoro alla lista degli ingredienti “da viaggio” dei pastori. Nota bene: se parliamo di tradizione la pasta in questione non poteva che essere costituita dagli spaghetti e non è un caso che entrando ad Amatrice si legga “città degli spaghetti all’Amatriciana”.
L’amatriciana va in città
Volendole dare una data, il primo a codificarne la ricetta è un cuoco romano, Francesco Leonardi, che scrisse nel 1790 il manuale di cucina L’Apicio Moderno. Sicuramente però già la ricetta doveva avere almeno qualche decennio, perché nel frattempo c’era stato il passaggio dai pascoli alla città di Roma, dove molti dal reatino si erano trasferiti per cercare fortuna lavorando come osti. È nell’Urbe che si diffondono i piatti come la Gricia e l’Amatriciana, che così, pur essendo di tradizione pastorale, entrano a buon diritto nel novero dei piatti della cucina romana e venivano cucinati, non a caso, dai cosiddetti “matriciani”.
Solo tre ingredienti per una salsa perfetta
Aglio o cipolla? Nessuno dei due. Non si può nascondere che nel segreto delle loro cucine sono molte le varianti per le famiglie laziali, tuttavia se si parla di ricetta originale, codificata nella De.C.O., ovvero il disciplinare di produzione a cui ha aderito il comune di Amatrice nel 2015 gli ingredienti della salsa sono tre: guanciale, pecorino romano (possibilmente di Amatrice) e pomodoro. Qualche piccola deroga ammessa con una sfumata di vino bianco per sgrassare il guanciale e una punta di peperoncino per chi apprezza un gusto pungente. Per la pasta come si diceva ci vanno gli spaghetti, al massimo i puristi concedono il bucatino. Fondamentale il ruolo del guanciale, protagonista del piatto anche come grasso: basta lasciarlo sciogliere su una padella per avere tutta l’untuosità che serve affinché la salsa non si attacchi. Peraltro, secondo una delle interpretazioni storiche, amatriciana (o matriciana, che è un’altra delle versioni) deriva dalla parola latina “matrix”, che vuol dire marchio e che si riferisce al segno di riconoscimento con cui venivano contrassegnati i maiali, che si apponeva appunto sulla guancia della bestia.
I trucchetti degli chef (e qualche piccola deroga)
Pelati o passata? Che dimensione devono avere i pezzi di guanciale? Sfumare o non sfumare con un po’ di vino? Cuocere insieme pomodoro e guanciale o separarli? Tenere tutto l’olio rilasciato dal guanciale o gettarne via un po’? Insomma, anche se gli ingredienti sono ridotti all’osso il procedimento prevede molte variabili. La ricetta dell’amatriciana riportata da “La Cucina Italiana” rispetta i dettami di quella promossa dal Comune di Amatrice. Prima si soffrigge il guanciale, dando una veloce sfumata con un goccio di vino bianco, poi si tiene da parte in caldo. Nella stessa padella, togliendo parte del grasso in eccesso, si lasciano cuocere i pelati appena sbollentati (in stagione, altrimenti è sufficiente utilizzare una buona conserva di pomodoro pelato). Come si diceva, ammessa una punta di peperoncino, così come una bella grattugiata di pepe a chiudere il piatto. Solo alla fine si uniscono la pasta, la salsa e il guanciale, oltre a una generosa spolverata di pecorino. Buon appetito!
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