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L’uva da mangiare tra la vigna e il bosco

Uh, l’uva, che tentazione. Non c’è da stupirsi se qualcuno afferma che il frutto proibito del Paradiso Terrestre non fosse la mela, ma un grappolo di uva succulenta, e l’albero della conoscenza fosse una vite. L’uva è così ricca di simbologie e così versatile che c’è da prendere in seria considerazione l’ipotesi. Per restare in tema biblico, Noè, scampato al diluvio con la sua arca, coltivò una bella vigna e quando le sue viti diedero i frutti lipigiò, assaggiò quel succo e si prese la prima sbronza della storia…

La più antica cantina conosciuta, trovata in Georgia, non lontano da Tbilisi, risale invece a 8000 anni fa. E da allora il succo che tradì Noè ha fatto molta strada. Ma lasciando un momento da parte il vino, l’uva ha raccontato la storia dell’umanità associata all’idea di una leccornia facile da conservare e trasportare: passita, o sultanina, l’uvetta insomma, ha impreziosito e addolcito secoli e secoli di imbandigioni, utilizzata non solo in pasticceria, ma nella preparazione di carni, paste e verdure per tutto il Medioevo e fino a oggi.

La leggenda che racconta la sua origine si intreccia a un modo di dire, «piangere come una vite tagliata»: pare che la vite un tempo fosse solo una pianta ornamentale (e a proposito di ornamento, vale la pena di ricordare che la parola «vignetta deriva proprio dal fatto che nei manoscritti medievali i miniatori usassero raffigurare come cornice alle immagini dei pampini piacevolmente intrecciati). Così un giorno un contadino, per evitare che i tralci rigogliosi tenessero in ombra il suo orto, li potò radicalmente, tanto da far piangere la povera vite, ritrovatasi di colpo spoglia e triste. Finché un usignolo non la consolò col suo canto, rinvigorendola al punto di permetterle di trasformare le sue lacrime in acini deliziosi. Da allora la vite sa che la potatura è solo la premessa del futuro rigoglio e lo sappiamo anche noi, in golosa attesa della vendemmia, quando le uve raggiungono il giusto grado di maturazione per arrivare sulle nostre tavole o per diventare vino squisito per brindare all’autunno che viene.

Scoprite con noi le 7 varietà da mangiare!

La varietà antica: triplice attitudine

Conoscete l’uva Salamanna? Forsechiamandola Zibibbo sembrerà più familiare. L’origine è incerta (probabilmente dal Nord Africa), mapare che siano stati i Fenici a portarla a Pantelleria. Il nome potrebbe derivare dall’arabo zabeb,«appassito», o da Capo Zibibb, in Tunisia. Dolce, aromatica e soda, è buona da mangiare, sia fresca, sia essiccata, e da bere, appassita e trasformata in Passito e Moscato di Pantelleria e Zibibbo.

Thompson Seedless

Varietà a bacca bianca senza semi, cioè apirena. Il grappolo abbastanza compatto o semispargolo (cioè con gli acini non troppo vicini) può pesare fino a 450 g. La polpa è croccante e zuccherina, la buccia poco pruinosa (la pruina è una sostanza cerosa, impermeabilizzante, prodotta dalla pianta a protezione di foglie e frutti) va dal giallo-dorato al giallo-chiaro.

Perla di Casma

Varietà precoce che matura al Sud tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, fu selezionata in Ungheria nei primi anni del Novecento. Il grappolo piramidale è formato da piccoli acini sferici, dolci e succosi.

Italia

Il grappolo è grosso e spargolo, cioè con gli acini non serrati tra loro; sono grandi e ovali e il loro colore varia dal verde-giallo al giallo dorato. La polpa, zuccherina, è croccante e profumata. Arriva a perfetta maturazione nella prima metà di settembre.

Black Magic

Dolcissima e succosa, con acini di media grandezza, allungati e senza semi. Perfetta da mangiare, da spremere per ottenere succhi dissetanti e per i dolci. Varietà precoce.

Ruby Seedless

Si riconosce per il grappolo serrato, con acini di colore rosso violaceo non troppo grandi e con la buccia sottile. Selezionata in Moldavia, non contiene semi.

Red Globe

Gli acini di grosse dimensioni (con i semi) hanno la particolarità di essere più resistenti di altri ai trasporti: anche per questo è una delle varietà più diffuse. La polpa è dolce e di colore rosato come la buccia.

Ecco le nostre ricette con l’uva!

Rana pescatrice bardata e uva rossa

Rana pescatrice e uva rossa

Ingredienti per 6 persone

1,5 kg trancio di rana pescatrice
200 g pancetta tesa affumicata a fettine sottili
500 g uva rossa
vino bianco secco
salvia– timo– burro – sale – pepe

Procedimento

Disossate il trancio di pesce facendo un’incisione lungo la lisca centrale, poi eliminatela. Avvolgete il trancio disossato con le fette di pancetta, sovrapponendole leggermente; accomodate la rana pescatrice in una teglia o in una pirofila, profumate con un rametto di salvia, salate, pepate e infornate a 180 °C nel forno ventilato per 30 minuti circa. Lavate quindi gli acini di uva, uniteli con 1/2 bicchiere di vino bianco nella teglia e proseguite la cottura per un’altra decina di minuti. Se volete verificare ulteriormente la cottura, con il termometro a sonda misurate la temperatura al cuore: dovrà aver raggiunto 64 °C. Trasferite la rana pescatrice in una piatto di portata, copritela con un foglio di alluminio e lasciatela riposare per qualche minuto. Portate sul fuoco la teglia con il fondo di cottura e gli acini di uva. Fate ridurre leggermente il sugo, unite una noce di burro ed emulsionate. Servite la rana pescatrice a fette con il sugo e completate con qualche foglia di salvia e poco timo.

Focaccia rustica all’uva

Focaccia rustica e uva

Ingredienti per 6-8 persone

300 g farina 0
200 g coppa piacentina
180 g uva bianca senza semi
100 g farina integrale
5 g lievito di birra essiccato
melissa – zucchero – olio extravergine di oliva sale

Procedimento

Mescolate le farine con il lievito e 5 g di zucchero, poi impastate con 280 g di acqua a temperatura ambiente, soloalla fine unite 10 g di sale. Formate una palla e lasciatela lievitare coperta per almeno 1 ora (dovrà raddoppiare di volume). Fate 2-3 pieghe di rinforzo, poi stendetela direttamente nella placca unta di olio, coprite e lasciate lievitare ancora per 40 minuti. Preparate una salamoia frullando 40 g di acqua con 40 g di olio e un pizzico di sale. Allargate la focaccia premendo con le dita e negli incavi inserite gli acini di uva. Bagnate con la salamoia e infornate a 190 °C per 15 minuti circa. Sfornate la focaccia e servitela ancora tiepida con le fette di coppa piacentina e qualche fogliolina di melissa.

Testo di Marina Migliavacca e Valeria Nava

Foto Guido Barbagelata.

 

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