Regola numero uno: è “il tequila” non “la tequila”. Stabilito questo si può andare più a fondo, con i consigli di Christian Bugiada di La Punta Expendio de Agave, locale romano interamente dedicato ai distillati di agave (quindi anche mezcal) e alla cucina messicana. Lo abbiamo incontrato in occasione del lancio italiano di Tequila Mijenta, una nuova etichetta premium che promette di conquistare le bottigliere dei locali più esclusivi in Italia.
In Messico potrebbero chiederti «Quanti conigli?»
I conigli e il tequila sono strettamente correlati, almeno secondo la mitologia azteca. Tutto nasce dalla leggenda che vede protagonisti Patecatl, dio della fertilità e scopritore del peyote, e Mayahuel, dea dell’alcol. Dalla loro unione nacquero quattrocento conigli, i Centzon Totochtin in lingua azteca, divinità dell’ubriachezza. Per questo non è strano che un messicano chieda «quanti conigli?» per chiedere quanto ci si sente ubriachi. Pochi conigli vuol dire che si è ancora lucidi, il livello massimo di ubriachezza è «400 conigli». Non è un caso, quindi, se Tequila Mijenta abbia scelto un coniglio in origami per la sua etichetta e per il lancio commerciale. Se trovate uno dei 400 conigli in origami che stanno viaggiando per l’Italia, evidentemente troverete anche una bottiglia di Mijenta.
La rivoluzione industriale ha fatto la storia del tequila
Sembrerà strano, ma l’introduzione della macchina a vapore è stata un prodigio anche per la produzione del tequila. Prima della rivoluzione industriale, il distillato di agave si chiamava vino de Mezcal de Tequila e la distinzione fra i due principali distillati messicani era minima. Al massimo riguardava la tipologia di agave utilizzata o la provenienza geografica. Per il tequila da disciplinare si usa solo agave azul (blu), la più pregiata, coltivata nello stato di Jalisco, ma prima della rivoluzione industriale la cottura sotto terra comportava un forte sapore di fumo che ne modificava il sapore. Questa tecnica è tuttora utilizzata con il mezcal, che è infatti caratterizzato dalle note affumicate, mentre il tequila si è raffinato grazie all’avvento della macchina a vapore. Da lì in poi, si è iniziato a cuocere le pigne in forni di mattoni, con una caldaia che inietta vapore e cuoce l’agave, mantenendola morbida e conservandone all’interno tutte le caratteristiche di gusto.
Il tocco femminile della maestra tequilera fa la differenza
Nel mondo dei distillati le donne non mancano e il tequila conferma la regola. Fra i professionisti più richiesti per firmare le ricette di questo distillato c’è la maestra tequilera Ana Maria Romero, una delle più fidate, rispettate e premiate personalità del Messico, con oltre 25 anni di esperienza nell’industria del tequila. È lei che ha progettato e supervisionato l’intero processo di creazione di Tequila Mijenta, dalla raccolta dell’agave fino all’imbottigliamento delle due linee, Blanco e Reposado (invecchiato fino a 6 mesi in botti di rovere). Miele, vaniglia, caramello e note floreali, insieme a note di frutta tropicale per il Mijenta Blanco, mentre il Reposado si presenta con un tipico colore dorato e un profilo più complesso fra frutta sciroppata e cacao, dato dal passaggio in botti di rovere e acacia.
Texian Egg Nog con tequila per un drink di Natale dal sapore ispano-americano
La storia racconta che nel 1843 il generale Thomas Green dell’esercito della Repubblica Texana sia stato fatto prigioniero con 160 soldati. Vennero catturati dal generale messicano Santa Ana di Alamo e corrompendo le loro guardie carcerarie chiesero gli ingredienti per commemorare la battaglia di San Jacinto del 1836, cruciale per l’indipendenza del Texas dal Messico. Con latte, zucchero, uova e mezcal (ma come si diceva sopra la differenza fra tequila e mezcal fino all’Ottocento era difficile da stabilire), Green e i suoi uomini prepararono il cocktail natalizio americano per eccellenza, che lo stesso generale definì nei suoi scritti: «Un Egg Nog come non si era mai visto o bevuto sotto il 19° grado di latitudine nord».
Mijenta Poblano: il long drink di La Punta dedicato al popolo messicano
La parola mijenta significa la mia gente, così come nei suoi numerosi viaggi nella terra del tequila, Christian Bugiada ha avuto la sensazione che il cuore di questo prodotto fosse il “pueblo”, il popolo, con le sue tradizioni e la sua sapienza. Di conseguenza non solo il tequila scelto, ma anche il drink che il bartender romano ci ha costruito su è dedicato ai messicani. «La storia dell’agave, del peperoncino e del lime si legano da secoli a questa terra, creando la base del nostro drink», dice Christian. Il Mijenta Poblano è un cocktail facile da preparare, unendo 35 ml blanco Mijenta, 15 ml liquore al peperoncino verde, 25 ml succo di lime, 15 ml sciroppo di zucchero. A completare il drink, da servire in un bicchiere tumbler alto, un top di ginger beer e una fetta di cetriolo come decorazione. Per quanto sia un long drink rinfrescante, il sapore di zenzero fa pensare alle ricette del Natale. Magari sognando un Natale al caldo del Tropico del Cancro.
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