Per un breve viaggio con degustazioni, l’Umbria è una delle mete migliori, perché in pochi chilometri concentra paesaggi che riconciliano con il creato, borghi millenari e ben dieci città «slow» di cui tre sono anche Città del Vino. Si parte dal centro di Orvieto, con il suo Duomo gotico stupefacente, il pozzo di San Patrizio, costruito nel Cinquecento, e la città sotterranea, una intricata rete di cunicoli, cantine e grotte scavate in 2500 anni di storia. E a fine giornata ci si ferma alla Locanda Palazzone, un maestoso edificio costruito per ospitare i pellegrini che si recavano a Roma per il primo Giubileo del 1300. Circondata dai vigneti, appartiene alla famiglia Dubini, che produce i vini più interessanti della denominazione.
La mattina il profilo di Orvieto è sospeso in una nebbiolina che regala foto romantiche, ma soprattutto le condizioni giuste per produrre uno dei muffati più buoni d’Italia. La sua fama di città del vino parte proprio da questo nettare dolce, che un tempo era considerato alla pari del Sauternes francese, mentre ora la sua produzione è calata in favore dei bianchi secchi a base delle uve locali procanico, verdello, malvasia, grechetto, monsonico e drupeggio, in passato mescolate nei vigneti e raccolte tutte insieme. Giovanni Dubini ha ricreato quelle condizioni di «promiscuità» in una piccola porzione di vigna, per produrre il suo Musco (anche se il vino più famoso di Palazzone rimane l’Orvieto Classico Superiore Campo del Guardiano, un bianco capace di invecchiare, ottimo con gli strangozzi al tartufo, la pasta lunga fresca e senza uova tipica di qui).
«Storicamente l’Orvieto veniva fatto fermentare nelle cantine sotto la rupe», ci racconta Paolo Nardo, enologo di Bigi, azienda fondata nel 1880. «Quando arrivava il freddo, la fermentazione si bloccava e nasceva così un vino dolce e un po’ frizzante; noi lo produciamo ancora oggi, in omaggio alla tradizione. Di solito lo beviamo con pane e guanciale, ma bisognerebbe provarlo anche con i piatti speziati della cucina indiana e asiatica». Si chiama invece Vigneto Torricella l’Orvieto Classico di Bigi, piacevole e invogliante, anche per il vantaggioso rapporto tra la bontà e il piccolo prezzo.
E i rossi? Il primo vino umbro a ottenere la Doc, nel 1968, è stato quello di Torgiano, primo anche a ottenere la Docg nel 1990 per la versione Riserva. Lo produce la famiglia Lungarotti e il loro Rubesco Riserva Vigna Monticchio 2016 è stato incoronato miglior rosso d’Italia del 2021. La visita è anche l’occasione per approfittare dell’ospitalità del loro relais Le Tre Vaselle e per visitare i musei del vino e dell’olio nati grazie alla passione di Maria Grazia Marchetti, storica dell’arte e moglie di Giorgio Lungarotti. A un altro grande personaggio del vino umbro, Arnaldo Caprai, si deve invece la fama del Sagrantino, che ha la sua capitale a Montefalco. Acquistò i primi otto ettari nel 1971 e oggi l’azienda festeggia il mezzo secolo di vita, con 150 ettari, che comprendono anche un uliveto e un campo di orzo. L’accoglienza è ai massimi livelli, con l’arrivo di circa 35.000 turisti ogni anno. Marco Caprai, figlio di Arnaldo, si è lasciato ispirare da un viaggio di fine anni Ottanta in Napa Valley per creare un modello di ospitalità che non ha nulla da invidiare agli Stati Uniti. «E noi, in più, abbiamo la storia», mi dice, indicandomi un tratto di strada della valle Spoletana, che percorreva san Francesco da Assisi. Il bello dei Caprai è che non si sono limitati a creare un marchio di vini famosi nel mondo ma si sono dedicati anche al territorio, partecipando alla creazione della Strada del Sagrantino e investendo in progetti come quello della Merabirra, prodotta con il malto d’orzo coltivato in azienda. I consigli di Marco per un fine settimana in zona? «La visita al Complesso Museale di San Francesco di Montefalco, una degustazione in cantina e i buoni piatti locali da assaggiare a L’Alchimista di Montefalco e da Antiche Sere a Bevagna».
Il successo che ha investito il Sagrantino negli anni Novantaha richiamato in Umbria produttori di altre regioni: i Cecchi hanno inaugurato nel 2000 Tenuta Alzatura, oggi diretta da Alessandro Mariani, che ci confessa: «Con il Sagrantino non ci sono mezze misure, o lo ami o lo odi; è il vitigno con il mag- gior quantitativo di polifenoli e bisogna saperli gestire, perché regalano la longevità ma sono anche i responsabili della tannicità, che molti non apprezzano».
La zona regala anche bianchi interessanti, come dimostra il nuovo nato della casa, il Montefalco Bianco Cortili 2020, un trebbiano spoletino con una piccola quota di chardonnay, fresco e minerale. La famiglia Lunelli, produttrice degli spumanti Ferrari, ha acquistato Tenuta Castelbuono nel 2001. La cantina, realizzata da Arnaldo Pomodoro e chiamata Carapace, perché le sue forme ricordano il guscio di una tartaruga, già da sola vale il viaggio, soprattutto in autunno, quando le foglie dei vigneti che la circondano si accendono e i filari di sagrantino sembrano lunghi graffi rossi. La visitiamo in compagnia di Marcello Lunelli che ci racconta come il Sagrantino sia nato come vino passito che si beveva a Pasqua con l’agnello: «Ho provato, è un matrimonio che funziona, come anche quello con il Trentingrana delle mie zone e con un buon sigaro, a fine pasto».
Il viaggio si conclude con un altro assaggio regionale eccellente: è l’olio, che si produce in tutta l’Umbria con le varietà leccino, frantoio, moraiolo e piccole percentuali di San Felice, rajo e dolce agogia. Con i suoi profumi intensi e il sapore deciso, è da assaporare sulle bruschette, sulle carni alla griglia e nelle zuppe di legumi. Soprattutto in autunno, quando i frantoi lavorano a pieno regime e l’extravergine nuovo incanta con il colore verde acceso e il sapore piccante.
Cosa abbiamo bevuto
Orvieto Classico Superiore Campo del Guardiano Palazzone (18 euro, palazzone.com) – Orvieto Classico Secco Vigneto Torricella Bigi (5,95 euro, gruppoitalianovini.it) – Montefalco Sagrantino Collepiano Arnaldo Caprai (26 euro, arnaldocaprai.it) Montefalco Sagrantino Tenuta Alzatura (26 euro, tenuta-alzatura.it) – Montefalco Sagrantino Passito Tenuta Castelbuono (25 euro, tenutelunelli.it)
Foto di Jacopo Salvi
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