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Gualtiero Marchesi e il suo Riso Oro e Zafferano, anniversari di gusto

Perché il Riso, Oro e Zafferano è il piatto che definisce la cucina di Gualtiero Marchesi e l’ingresso ufficiale della cucina italiana tra le grandi? Perché contiene tutto ciò che ha fatto la differenza tra il provincialismo delle buone ricette di casa nostra cucinate ad orecchio e le grandi cucine europee che allora, erano gli anni Ottanta, aveva imboccato la strada rivoluzionaria della Nouvelle Cuisine. Di quel piatto si festeggiano adesso i quarant’anni con un certificato numerato sul cui centro è impressa una foglia di oro zecchino, offerta in omaggio a chi ordina quel piatto alla Terrazza Gualtiero Marchesi del Grand Hotel Tremezzo sul Lago di Como o nei ristoranti di alcuni dei suoi discepoli più celebrati, che lo hanno inserito nei loro menù.

E che cosa aveva di così rivoluzionario quel risotto? Intanto di chiamarsi riso e non risotto, poi di essere rifinito con un burro bianco di cultura francese che gli regalava finezza e leggerezza, poi di essere steso a velo e decorato con una lamina d’oro su un piatto dal bordo nero. Guardandolo e mangiandolo il pittore Emilio Tadini diceva: “Mi piace il contrasto tra i due gialli, tra la luce smagliante e soffusa dell’oro e la luce, trattenuta, fonda, del riso colorato dallo zafferano”. E dopo di lui Hsiao Chin, Lucio Fontana, Salvatore Sava.

Gualtiero Marchesi e il suo Riso, Oro e Zafferano, 1988 Photo by Melde Bildagentur/ullstein bild via Getty Images)

Ecco perché Gualtiero diceva, provocando, “il bello è il buono” (notare l’accento) e praticava la “sua maniera”, ovvero un insieme di gusto per il bello, che fosse un quadro di Pollock o un adagio ben eseguito, di tecnica- quella che ormai più che trentenne aveva voluto apprendere dai Troisgros a Roanne, lasciando la moglie e il ristorante dei suoi nel milanese Albergo Mercato-, e di “palato assoluto”, la capacità fisico/mentale di giudizio che distingue il grande cuoco.

E aveva ragione: nell’85 arrivarono le prime tre stelle mai attribuite all’Italia dalla Guida Rossa al suo ristorante in Via Bonvesin de la Riva; poi, a filo degli anni, una serie ininterrotta di riconoscimenti e titoli onorifici da “Cavaliere della Repubblica”, a “Chevalier dans l’Ordre de Arts et des Lettres”, a Presidente Internazionale di Eurotoques; fino alla nomina a rettore di Alma, la Scuola Internazionale di cucina italiana di Colorno. E se oggi la cucina italiana ha posto tra le migliori del mondo lo dobbiamo agli allievi cresciuti alla sua scuola, oggi cuochi notissimi: da Carlo Cracco, a Andrea Berton, a Davide Oldani. A molti altri.

Tuttavia il ‘divin Marchesi’ come lo solleticava essere chiamato era tanto grande quanto discusso. Dai clienti per l’esiguità delle porzioni (il refrain era “dopo andiamo a farci una pizza”) e per il minimalismo di certi piatti (serviva pasta di diversi formati scondita perché “a formato diverso corrisponde sapore diverso”). Dai critici per certe affermazioni considerate sacrileghe (“a tavola il vero buongustaio esclude il vino”) e per le impertinenze (ha firmato un’edizione di panini per McDonald). Da tutti per l’arroganza (ha rifiutato le stelle Michelin perché non concordava con il loro metro di giudizio). L’ultimo periodo della sua vita è stato anche uno dei più felici: nella sua città, seduto ai tavoli del Marchesino di fianco alla Scala, combinava la passione per la cucina con quella per la musica intercalata dalle visite dei molti artisti amici ai quali amava spesso dedicare un piatto.

Gualtiero Marchesi nelle cucine de L’Albereta, Erbusco, 1985 (Photo By: Michele Bella/REDA&CO/Universal Images Group via Getty Images)

Quando, nel 2017, ha deciso di andarsene lo ha fatto con l’abituale eleganza scegliendo il 26 dicembre, per farci passare il Natale senza quel pensiero triste. Ma ha continuato a esercitare la “sua maniera”: nel 2019 con un suo menù iconico portato in tour in dieci città del mondo dai suoi successori più brillanti; con l’Accademia Gualtiero Marchesi, dove professionisti e amatori si danno da fare ai fuochi, e con la Fondazione che studia e divulga una cucina colta come la voleva lui che mandava gli alunni nelle gallerie d’arte arte a rifarsi gli occhi. Chi poi vuole fare una full immersion gustativa nei suoi grandi classici, può prenotare alla Terrazza Marchesi a Tremezzo. Con l’aggiunta di una spettacolare vista sul lago di Como, e del certificato numerato del mitico Riso, Oro e Zafferano. O ancora, prima o dopo una serata al Teatro alla Scala, si può gustare al ristorante Foyer in carta a 35 euro.

Chef Marchesi con Fiammetta Fadda all’inaugurazione dell’Accademia Gualtiero Marchesi, Milano 18 giugno 2015 (Photo Canio Romaniello / Olycom) – Foto gentilmente concessa dall’Autrice

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