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Dinner Club di Cracco: la parola ai super ospiti, da Abatantuono a Ferilli

Dinner Club: la nuova serie di Prime Video dedicata al cibo e alle bellezze d’Italia
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Oggi, 24 settembre, finalmente tutti possiamo accedere, seppur solo come spettatori, al Dinner Club di Chef Carlo Cracco.. Naturalmente stiamo parlando della nuova serie in sei puntate Amazon Original, prodotta da Banijay Italia, disponibile in esclusiva su Prime Video in Italia e in più di 240 Paesi e territori nel mondo.

Come ogni circolo che si rispetti anche il Dinner Club è disciplinato da norme ben precise. Poche e chiare (cinque per la precisione), proclamate all’inizio di ogni episodio da Carlo, trasmettono un senso di rigore e austerità. Ebbene, vedrete che è l’esatto contrario: ogni episodio è libertà pura per tutti i protagonisti, voglia di conoscere i portenti gastronomici del nostro Paese (da Nord a Sud) e di conoscersi (non mancheranno i momenti di riflessione). 

Dinner Club «è respiro», dice Luciana Littizzetto«Dopo mesi di reclusione, la possibilità di viaggiare senza costrizioni era inimmaginabile. Siamo andati a casa delle persone che abbiamo incontrato, godendo della gioia della convivialità, e siamo rimasti a bocca aperta di fronte a un paesaggio sconosciuto. È stato come un altro battesimo alla vita. Ci siamo riempiti non solo la pancia di delizie, ma anche gli occhi di bellezza e il cuore di persone particolari così radicate nel territorio, che ne diventano rappresentazione».

La cucina e le ricette quasi sono un pretesto per raccontare la nostra Italia. Però alcune, più di altre, hanno incuriosito i nostri eroi… Abbiamo provato a indagare.

Quale tra le ricette che avete cucinato o assaggiato riproporrete a casa?

Il piatto più notevole per Sabrina Ferilli è la zuppa alla ricotta con il cavolo nero. «L’ho cucinato in trasmissione e l’ho rifatto a casa. Ovviamente mi è venuto benissimo», dichiara risoluta.

«Io non saprei», ribatte Diego Abatantuono, «forse potrei usare il Gin Elettrico per ricaricare il telefono scarico… Certo i culurgiones delle sorelle Mulas erano deliziosi e inarrivabili. Infatti non li cucinerò mai».

«Ci sono tantissime versioni del pesto alla trapanese», dice Pierfrancesco Favino. «Ogni tre metri in provincia di Trapani qualcuno si dichiara depositario della ricetta originale. Ecco, il mio progetto è rifarlo rivisitandolo per poter dire che il migliore è il mio».

«Spaghetti con le alici e i fichi, questa la mia ricetta ideale», dichiara Valerio Mastandrea, «infatti non li ho preparati né con Carlo, né a casa. Non sono un tipo che cucina molto».

Com’è stato cucinare con Carlo?

«Bisognerebbe girare la domanda a Carlo per sentire come è stato cucinare con me… Per fortuna ho avuto il tempo di insegnargli qualche piccolo trucco, per esempio come fare gli spaghetti alle vongole», risponde Abatantuono, «infatti si chiameranno Spaghetti alla Diego», aggiunge Cracco ridendo.

Per Sabrina Ferilli è stato il padrone di casa perfetto, che poi è diventato ospite. «E poi ho imparato a fare la tartare. Appena tornata mi sono subito comprata un set di coltelli, ho scattato le foto e le ho mandate a Carlo per avere la sua approvazione. Che naturalmente è arrivata, immediata».

«Per spiegare come è stato cucinare con Cracco userò una metafora ginnica» annuncia Valerio Mastandrea, «Cucinare con lui è stato come fare le trazioni alla sbarra. Mi spiego. Non riuscendo io in nessun modo a farle il mio allenatore mi mette un elastico che aiuta molto nella risalita. Ecco Carlo è stato il mio elastico». 

«Di fronte a cotanta metafora non so più che dire», chiosa Favino, «in effetti c’era un po’ di tensione (come quella dell’elastico), ma anche la certezza della guida sicura. Io ho comunque superato ogni imbarazzo, avendo il numero di Carlo lo chiamo anche per avere dritte per cucinare un uovo strapazzato». 

Gli ingredienti e le ricette che avete incontrato sul vostro cammino sono tutti tradizionali e di spirito estremamente casalingo. Che cosa rappresenta per voi la cucina di casa? 

«Quella dei sapori di quanto ero piccolo» dice Diego Abatantuono, «questo intendo per cucina di casa. Quella in cui ti riconoscerai sempre. Mia nonna preparava il pancotto e il risotto al prezzemolo. Piatti che ho mangiato anche in età adulta, ma non avevano lo stesso sapore. Non erano altrettanto confortevoli. La memoria olfattiva è potentissima. Ogni casa ha odori e sapori propri, indelebili per chi li ha provati».

«La mia è abitabile», esordisce Mastandrea ridendo, «è il luogo dove si passa più tempo, è un luogo riparato, come diceva Erri De Luca “dove c’è sempre il fuoco acceso”. E quelle che abbiamo visitato e conosciuto nei nostri viaggi erano proprio così, custodi di memorie e di affetti».

Il centro vitale della famiglia, per Favino, in senso lato del nostro paese.

Insomma le riflessioni che sono state fatte e che si possono fare sono moltissime, perché questa serie ha diversi piani di lettura. Non è un programma solo di cucina, ma si cucina e si mangia moltissimo, non è un  programma solo di viaggio, ma non si sta mai fermi, non è una gara, ma serpeggia una sana competizione. Di sicuro ci sono un grande senso di libertà (forse dovuto in parte al vino suggerisce Fabio De Luigi) e una sorta confidenza che si instaura anche con noi al di qua dello schermo, un effetto davvero inaspettato. In ogni caso, se cercavate un programma in cui Carlo Cracco viene zittito e rimbrottato dalle tante cuoche (più Luciana Littizzetto) che incontra sul suo cammino, allora non potete non guardarlo. In Dinner Club i ruoli sono ribaltati, parla la gente, parla la memoria, parla la piazza. Perché il cibo è il più potente e sincero veicolo per conservare e tramandare la storia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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