Ticker

6/recent/ticker-posts

Ad Code

Responsive Advertisement

Abruzzo, porcini e itinerari d’autunno: andate a Pacentro

Posta Pacentrana
Posta Pacentrana
Posta Pacentrana
Posta Pacentrana
Luca & Laerte Marfé Posta Pacentrana
Posta Pacentrana
Masseria La Rocca
Masseria La Rocca
Masseria La Rocca
Masseria La Rocca
Denis MaJella
Denis MaJella
Denis MaJella
Denis MaJella
Taverna de Li Caldora
Taverna de Li Caldora
Taverna de Li Caldora
Bar Gigi
Bar Gigi
Bar Gigi
Luca Marfé Pacentro

Non solo Madonna e Mike Pompeo: Pacentro spesso è citata per loro, ma la verità è che Pacentro è tutta un mondo. Un mondo antico che dell’Abruzzo intero sembra quasi un’istantanea, completa e perfetta. Un borgo fatto per lo più di storia, di storie e di sassi. Intatto, arroccato, neanche troppo piccolo, con tanto di castello. E, aspetto ancor più incredibile, specie di questi tempi: vivo.
I pacentrani sono una forza. Un mix di caparbietà e cortesia, di umiltà e sfrontatezza, sicuramente di accoglienza. I pacentrani sono qui, non se ne sono andati. Il centro si lascia vivere e addirittura pullula di gente. D’estate e d’inverno, in primavera e in autunno. La stagione forse più bella, tra il foliage pastello, le passeggiate a cavallo, i tramonti infiniti, gli arrosticini, i tartufi e i porcini.
Ah, c’è un’altra cosa ancora sui pacentrani: sanno cucinare benissimo.

Piazza del Popolo è magnifica e a fare gli onori di casa c’è Luigi, detto Gigi

Ai piedi della chiesa, maestosa, uno sfoggio discreto di tavoli, sgabelli e aperitivi deliziosi. Questo il bar è Gigi, un’attività nata soltanto qualche anno fa, ma che rappresenta il centro della vita di questo posto. Ci si incontra qui, ci si abbraccia e, soprattutto, ci si gode tutto il buono di Pacentro e dintorni.«Sono figlio di una famiglia di commercianti, una specie di traditore che si è dato alla ristorazione», sbotta in una risata sincera come i suoi occhi. Ha i capelli lunghi, talvolta legati sopra la testa: qualunque età abbia, dimostra almeno dieci anni di meno. Continua: «Dopo una vita di lavoro in un ristorante, finalmente un locale tutto mio. Punto sulla simpatia dei miei ragazzi e, naturalmente, sulla qualità assoluta». Di colpo si fa serio, quasi fosse una missione: «Prodotti locali, chilometro zero, tutta salute». Tartufo nero, salsicce secche, la Cococciola Doc Bio firmata Chiusa Grande. Un trionfo.

La Taverna de Li Caldora è leggenda

Divorato l’aperitivo, si aprono le danze. E qui si incappa nel primo mito. Uno scorcio di Medioevo, un palazzo del Cinquecento, una terrazza che mostra il mondo. Presente nelle principali guide di riferimento del food praticamente da sempre, Caldora è IL ristorante di Pacentro. Tra le mura di Palazzo Pitassi ha voluto cenare proprio Mike Pompeo, in visita ufficiale nel 2019, tra le radici del suo cognome e quelle dei suoi nonni. Cosa scegliere? I funghi porcini sono una follia, meglio ancora se crudi o alla brace, senza troppe variazioni, insomma. Fantastici tutti i piatti di carne e squisito anche il bollito di baccalà con salsa di prezzemolo, basilico, aglio rosso, cipollina fresca, acciughe e olio extravergine d’oliva. Mezzo secolo di storia non sono un caso. E, a dispetto di qualche critica che piove di tanto in tanto, Caldora resta la garanzia.

Ristorante Majella

C’è poi il nuovo, e merita rispetto. E bocca e occhi sgranati, di appetito e di curiosità. Denis Fejza è italianissimo, ma ha il papà originario dell’ex Jugoslavia, ha girato il mondo tra l’Italia, l’Europa e Aruba, ed è approdato davanti all’arco di Santa Maria Maggiore 6 anni fa. Denis, di anni, ne ha soltanto 30, ma ha lo sguardo sveglio e soprattutto il piglio di un veterano di questo mestiere meraviglioso. Pure nel suo ristorante Majella domina il concetto di chilometro zero, col carpaccio di manzo, radicchio, noci e miele che è una poesia di equilibrio e che sa di perfezione. Nel valzer dei primi, invece, imperdibili le pappardelle fatte a mano con guanciale, pachino, scaglie di pecorino e anche qui gocce di miele. Abbondanti, pazzesche.

Masseria La Rocca

L’antica Masseria La Rocca merita una visita per il suo glorioso passato nonché per il suo gustoso presente. Il casale sorge addirittura nel 1300 per mano del barone La Rocca e passa poi alla giovane coppia Pelini Iacobucci. Una stalla trasformata in un agriturismo da Alessandro Pelini, oggi gioiello di Ilenia Iacobucci. «Puntiamo alla massima valorizzazione dei nostri prodotti, dalla farina al vino, da cui il nostro menù è felicemente dipendente». Sorride emozionata e fiera. E spiega: «Alleviamo direttamente il bestiame ed è tutto “figlio” loro». Magie quasi d’altri tempi, piatti celebri per quelle che erano le festività importanti. Come il raviolo di ricotta di pecora e di pomodori freschi, un capolavoro di gioia.

Una tappa obbligata per qualsiasi viaggio che passi per di qua: Posta Pacentrana

La mitica signora Anna è una furia di energia, di grida e di baci. La sua sala è enorme e accogliente, e il giardino è un tale incanto di verde e di luci che sembra finto. La girandola di antipasti è un’autentica istituzione e non ha bisogno di parole, perché le foto (scorretele!) parlano da sole. Pompeo ha amato molto queste pietanze, questi vini e questi posti. Chissà che un giorno non ci venga, finalmente, pure Madonna.

Nel frattempo, però, Pacentro aspetta: aspetta tutti quanti voi.

Tutte le fotografie sono di Matteo Marfé.

Ps: la Corsa degli Zingari, una tradizione di piedi scalzi quasi millenaria e legata a doppio nodo alla Madonna di Loreto, grazie al lavoro dell’omonima Associazione e al suo vulcanico presidente Giuseppe De Chellis, ambisce al prestigioso riconoscimento come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dell’UNESCO.
Proprio come la Cucina Italiana.
Cos’altro aggiungere, dunque: in bocca al lupo!

Enregistrer un commentaire

0 Commentaires