In alto la terra. Per Sara Olocco significa che il valore del mondo agricolo va posto sopra di tutto perché qui si gioca una partita fondamentale. Così ha fatto rinascere la fattoria dei suoi in Piemonte, ha creato una rete con i contadini e i produttori vicini e ha dato il via alla sua fruttuosa rivoluzione – Braja Farm.
«Ho immaginato una grande casa, dove accogliere persone da tutto il mondo e assaggiare i prodotti del luogo». A parlare è Sara Olocco, ventotto anni, mezza piemontese di Sommariva del Bosco, nel Roero, dove è nata e cresciuta, e mezza siciliana, di Giarre. «Il mio sguardo sul cibo nasce da queste due culture». Studia Relazioni pubbliche e comunicazione d’impresa a Milano, prende il Master in Food Culture all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, lavora poi a New York, come sommelier in un’enoteca di vini naturali italiani, e da Bastianich. Alla fine torna a casa con uno scopo chiaro: unire i produttori della sua terra, il Piemonte, e ridare vita alla cascina di famiglia, nota nella zona come la Braja Fam (urla di fame), «perché era una delle più povere».
In pochi mesi i suoi prodotti sono in vendita su una piattaforma di e-commerce e dopo qualche lavoro di restyling, nel maggio del 2021, il suo sogno prende vita: Sara inizia a organizzare incontri tra produttori, aperitivi agricoli con vini e specialità del posto ma anche forestiere, come i capperi di Salina, un po’ per riprendere le sue origini e un po’ per mettere insieme quello che finora ha conosciuto.
Poi arriva l’orto sperimentale «perché è un esperimento!», dove coltiva verdure comuni e varietà speciali quali il Pomodoro Cerrato di Asti, tipo cuore di bue, la Pera Madernassa, lo zucchino giallo. Segue un metodo franco-canadese, detto Market Garden, che prevede una coltivazione naturale e bio, con trattamenti solo manuali e se necessari, senza attrezzi inquinanti. È nata così quella che oggi si chiama Braja Farm (brajafarm.com). «Braja» in dialetto vuol dire «urla». «Un urlo di rivoluzione agricola, per elevare i valori contadini, con il nostro motto “land stands tall”».
Foto Letizia Cigliutti
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