C’era una volta una dimora di fine Ottocento in cima alla collina Bellavista a Erbusco, nel cuore della Franciacorta. Un luogo ameno, dove Giovanni Cavalleri e sua moglie Anna, grande appassionata di arte e di musica, divennero il fulcro intellettuale dell’Italia settentrionale per la prima metà del secolo scorso. Sono trascorsi gli anni, si sono avvicendate le generazioni e quella collina con la dimora circondata da vigne e da giardini lussureggianti è diventata un simbolo di ospitalità internazionale.
Siamo nel Relais L’Albereta, e ad accoglierci oggi ci sono Carmen Moretti, ad della divisione alberghiera della Holding Terra Moretti, e suo marito Martino de Rosa, advisor di tutta l’offerta gastronomica di L’Albereta. Carmen, genius loci solare e creativo, è una delle tre figlie di Vittorio Moretti, presidente del Gruppo Terra Moretti, importante realtà imprenditoriale cui fanno oggi capo undici aziende che operano nei più svariati settori; acquistò la tenuta per realizzare il sogno di «un’ospitalità a tutto tondo» ispirata alla celebre catena internazionale Relais & Châteaux di cui L’Albereta fa parte. Da lì a poco arrivò un nome leggendario della cucina italiana: Gualtiero Marchesi. Iniziò un’avventura che prosegue fino a oggi, «senza annoiarsi mai».
Il nostro viaggio in questa «casa», come chiamano qui L’Albereta, inizia in uno dei piccoli salotti accanto all’ingresso. Le pareti contengono beneauguranti motti latini tra cui Hic manebimus optime (qui staremo benissimo), che riassume tutto. Con nonchalance si materializza Elena Loda, storica governante che accoglie i suoi ospiti con un fare quasi materno. Sono suoi e di Carmen i «tocchi magici» che cogliamo nell’adiacente ristorante Leonefelice Vista Lago (omaggio al custode storico della tenuta, Leone), che offre una cucina alta e domestica insieme. Ci sono le ortensie fresche del giardino, le tovaglie impeccabili. Piccoli animali surreali sono disseminati ovunque per «far entrare l’energia della natura circostante». Tutto è una continua, rasserenante sorpresa. C’è la «vip table» con alle spalle una finestra che si affaccia sulle cucine, una «chef’s table» dentro la cucina, e la «Riserva del Leone», saletta nascosta un tempo rifugio meditativo di Marchesi e oggi spazio intimo riservato a pochi fortunati.
Il menù è curato dal 2014 da Fabio Abbattista. Semplicità nello stile e materie prime eccellenti: c’è il filetto di Fassona alla pizzaiola, la torta di rose, vero cult insieme con la costoletta alla milanese, alta e croccante, servita anche come aperitivo collettivo insieme alle bollicine di un Bellavista Grande Cuvée Alma Non Dosato, un piatto molto amato in famiglia. Una passione, quella per la buona carne, che ha portato la famiglia Moretti de Rosa a coinvolgere anche il macellaio-etico toscano Dario Cecchini, 46 anni di carriera alle spalle. Suoi il chiosco Cecchini Panini, appena aperto, e il ristorante Quintale (il nome è un’idea di Matilde, figlia di Carmen e Martino), in arrivo entro l’autunno: «Niente filetti, solo ritagli dal muso alla coda». Un progetto fortemente voluto anche dal fratello Vittorio, che ha seguito già l’avvio del chiosco La Filiale, nel giardino della tenuta, dove si possono degustare le pizze di Franco Pepe. Infine, il ristorante Benessere, notissimo fiore all’occhiello all’interno della spa firmata da Henri Chenot.
Il lusso però è nei particolari: il messaggio lasciato con la colazione, i bicchieri decorati con parole che sanno di buonumore («pensieri felici», «solo cose belle»), la fragranza sul cuscino che cambia ogni sera. Si coglie anche nel rifugio privato della famiglia Moretti de Rosa, una cascina del Quattrocento ribattezzata La Mongolfiera «per l’aspetto tondeggiante che ha scorgendola in cima alla collina», racconta Carmen. «Fu il regalo di nozze di mio padre, le sono molto legata». Dentro, una sala da pranzo con tavoli gemelli, e una divertente collezione di rane, simbolo beneaugurante. «Mi ricordano un momento difficile, l’affetto di mia madre, la tendenza a balzare sempre davanti ai problemi».
Foto di Maurizio Camagna.
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