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Olive: varietà e curiosità

Uno dei miti più belli e significativi dell’antichità racconta che un giorno si accese una disputa tra Atena e Poseidone per il possesso dell’Attica, ricca regione della Grecia. Zeus decise che la vittoria sarebbe andata a chi di loro due avrebbe fatto agli Ateniesi il dono che un consesso di dodici dei avrebbe ritenuto il migliore e più utile per gli uomini. Poseidone colpì le rocce col suo tridente, facendone scaturire un mare salmastro (un’altra versione della leggenda dice che il dio portò un cavallo scalpitante). Atena, più flemmatica e anche più pratica, senza grandi effetti speciali piantò un ulivo e vinse. Al di là del significato simbolico che oppone un dio maschio signore dei terremoti a una dea femmina e low profile, questo mito fa capire l’importanza della coltivazione dell’ulivo per i popoli di quell’area. L’olio non serviva solo in cucina, ma dentro le lampade per illuminare; si usava in medicina, in veterinaria, nella cosmesi e anche nelle cerimonie sacre, per ungere i re; una corona d’ulivo premiava gli atleti; l’ulivo dava legna e ombra. Per poterlo coltivare bisognava conoscerne gli andamenti ciclici, così come per tutti i vegetali, e la coltura richiede assenza di conflitti: una società che coltiva l’olivo è una società di pace. Non a caso i messaggeri che chiedevano tregua mostravano una fronda d’ulivo.

Dice comunque il mito che Atena, soddisfatta dalla vittoria, prima di ritirarsi sull’Olimpo pensò bene di mettersi in scarsella come snack da viaggio una bella manciatina di olive, prese dai rami dell’albero che aveva appena regalato ai mortali. E dalla borsa della dea le olive si sono diffuse ovunque, simbolo della civiltà mediterranea, bacchiate o raccolte a mano una a una, verdi, nere, grosse, piccole, cucinate (che buone le ascolane, una tira l’altra!) o consumate come apoteosi del finger food. Già nel I secolo dopo Cristo l’agronomo romano Columella, come facevano Catone e Plinio, dava consigli su come conservare le drupe (perché botanicamente di questo si tratta) aromatizzandole con il mosto, l’aceto, i semi di finocchio, il lentisco. Ancora oggi consumiamo le olive schiacciate, ripiene, snocciolate, conservate in tanti modi diversi, dentro le insalate, sulle bruschette, sulla pizza, ridotte in pâté e perfino tuffate in un Martini…
E dai, un pensierino riconoscente la dea Atena se lo merita o no?

(Ricerca storica a cura di Marina Migliavacca e Valeria Nava)

La rarità

Si chiama Leucocarpa (Olea europaea var. leucocarpa) o Leucolea questa cultivar le cui drupe a maturazione invece di essere nere diventano bianche. Ritrovata nei pressi di alcuni monasteri nella zona di Rossano Calabro, questa varietà è oggetto di recupero perché non vada estinta. Dalla molitura si otteneva un olio chiarissimo, usato come olio lampante perché inodore, e come olio sacro nelle cerimonie religiose (olio del crisma) e nelle incoronazioni dei re.

La dolcezza del sale

Sono la salamoia, più o meno leggera (la percentuale di sale disciolto nell’acqua può variare) e prolungata, e la «terapia» con soda caustica o calce a garantire la dolcezza di tutte le olive da mensa (o da tavola, si definiscono così i frutti non adatti alla produzione dell’olio), altrimenti immangiabili. Solo dopo questi trattamenti si possono gustare al naturale, conciate (con olio, peperoncino o altri profumi) o tostate in forno.

12 varietà da conoscere

Santa Caterina

Si chiama anche Lucchese questa varietà toscana, ovale e carnosa. Da aggiungere anche nel classico coniglio con le olive.

Taggiasca

Molto nota e apprezzata, è però classificata come cultivar da olio. Prende il nome dalla zona intorno a Taggia, nella Liguria di Ponente, dove principalmente si coltiva. È piccola e assai saporita e il colore può virare dal bruno scuro al verde, al marrone chiaro.

Nocellara del Belice

Si trova in vendita sia verde (cioè non ancora giunta a maturazione), sia nera. Garantita dal marchio Dop in una doppia versione: per la produzione dell’olio e da mangiare a tavola. Gustosa e carnosa, ottima anche in cottura.

Gaeta

Si riconosce per il colore rosato-violaceo perché raccolta a piena maturazione a marzo. La polpa, leggermente cedevole, si stacca perfettamente dal nocciolo e ha un sapore morbido con note amare alla fine. È una delle varietà tra le più usate in cucina. Ha il marchio Dop.

Baresana Nera

Forse la più diffusa tra tutte le varietà. Nera lucente, si presta molto bene a essere snocciolata oppure tostata in forno grazie alla consistenza della polpa, elastica ma soda. Di sapore decisamente dolce.

Peranzana

Si coltiva nella provincia di Foggia soprattutto per la produzione dell’olio. Ha però, come si dice in gergo, una duplice attitudine: raccolta tardi, cioè tra novembre e dicembre, a maturazione avanzata, diventa anche un’eccellente oliva da tavola. La polpa molto compatta è adatta a lunghe salagioni. Ideale per il pâté.

Olive verdi dolci

Normalmente sono di dimensione medio-grande, ancora verdi, delle tipologie ascolane o pugliesi. Vendute in salamoia, dopo essere state per prima cosa lavorate con ripetuti trattamenti a base di calce o di soda caustica: sono queste sostanze a dare il caratteristico sapore dolciastro.

La bella della Daunia

o di Cerignola Dop, è una delle più grandi olive in commercio. La varietà, solo da mensa, può arrivare a pesare anche 12 grammi; ha forma ellittica non simmetrica, e polpa soda e fibrosa che non si stacca dal nocciolo. L’area di produzione si sviluppa principalmente intorno a Cerignola (FG).

Di Kalamata

La famosa oliva allungata originaria del Peloponneso è spesso sulle nostra tavole per insaporire insalate o piatti di pesce al forno. Lucida, di colore marrone scuro, è caratterizzata da una piacevole nota amara.

Itrana Bianca

Si tratta della stessa varietà conosciuta come Gaeta (n. 5), dalla quale si differenzia per il periodo della raccolta, che avviene ai primi di novembre (tradizionalmente dopo il giorno dei morti): l’oliva, allora ancora acerba, è di colore molto chiaro, che rimane tale anche dopo la salamoia.

Ricetta del Battuto di Olive

battuto-di-olive

Ingredienti per 4 persone

200 g olive miste
50g pomodorini semicanditi sott’olio
30g mandorle con la buccia
1 peperoncino rosso origano fresco
olio extravergine di oliva

Procedimento

Snocciolate le olive. Private il peperoncino dei semi e tagliatelo a pezzetti. Tritate con il coltello tutto insieme: olive, pomodorini, mandorle, peperoncino e origano (oppure tutti separatamente e poi unite i diversi ingredienti); mescolate bene e condite il battuto con un filo di olio. Perfetto da servire su crostini di pane, uova sode, per insaporire un pesce al forno o una fettina di petto di pollo.

Olive farcite fritte

Olive farcite fritte
Ingredienti per 6-8 persone

800 g 60 olive verdi grosse snocciolate in salamoia
80 g  pancarré privato della crosta
80 g pecorino mezzano
30 g pinoli
2-3 uova
maggiorana
farina
pangrattato –olio di arachide – sale – pepe

Procedimento

Frullate il pancarré con i pinoli, il pecorino grattugiato, una macinata di pepe e un ciuffo abbondante di maggiorana. Farcite ciascuna oliva aiutandovi con uno stecco grande (va bene anche una bacchetta per mangiare cinese) con il quale premerete bene il ripieno all’interno. Preparate una ciotola con della farina; in un’altra sbattete le uova con un pizzico di sale; riempite una terza ciotola con pangrattato. Passate le olive farcite nella farina, poi nelle uova sbattute e infine nel pangrattato. Friggetele, poche alla volta, in abbondante olio bollente (175‐180 °C) per 1‐2 minuti, fino a completa doratura. Scolatele su carta da cucina e servitele. Sono ottime anche fredde.

 

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