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Nella Food Valley, la tracciabilità delle conserve di pomodoro diventa scientifica

È vero, il pomodoro in origine era un frutto sudamericano, ma da quando è arrivato in Europa, nel XVI secolo, è diventato uno dei simboli della cucina mediterranea, di cui l’Italia è fiera fondatrice.

Contrariamente a quanto verrebbe spontaneo pensare, il pomodoro non cresce nel nostro soleggiato sud, ma anche nelle pianure del nord. E anzi, nel 2007 è nato il Distretto del Pomodoro da Industria, detto anche Distretto del Pomodoro del Nord, un’associazione che raggruppa i produttori di Parma, Piacenza, Cremona e Mantova, per promuovere la collaborazione reciproca e affrontare i cambiamenti del mercato.

In particolare, Parma, soprannominata Food Valley italiana per la qualità del suo comparto agroalimentare, è all’avanguardia per capacità di risposta al mercato. Oggi ben l’82% degli italiani chiede trasparenza sull’origine della materia prima. Le persone vogliono sapere come e dove è prodotto ciò che mettono sulla tavola. In sintesi, pretendono la tracciabilità della filiera.

Cosa significa tracciabilità della filiera?

La filiera controllata permette di conoscere il percorso dei prodotti, dal campo al negozio. Ma non è sempre una strada dritta né senza ostacoli o imprevisti. E le aziende più sensibili cercano con propri mezzi di colmare il gap tra obblighi di legge e richieste di una clientela sempre più attenta alla qualità e alla sostenibilità.

Nel caso delle conserve di pomodoro, per legge, devono essere composte almeno per il 50% da derivati del pomodoro e sull’etichetta devono essere indicati il Paese di coltivazione e quello di lavorazione. Le due aziende conserviere Mutti e Rodolfi Mansueto, entrambe di Parma e specializzate in salse, sughi, pelati, concentrati e altre conserve, sperimentano metodi innovativi per rassicurare i consumatori sul controllo della materia prima e del prodotto finito.

Pomodoro, Mutti parla italiano

Tutti conoscete i prodotti Mutti, che si usano in tanti buoni piatti di casa. Ma vi siete mai chiesti con quale pomodoro è fatto, e soprattutto chi può rispondere a questa domanda?

L’azienda usa soltanto pomodoro coltivato da oltre 800 famiglie di agricoltori e trasformato entro sei ore dalla raccolta, in Emilia-Romagna, Puglia e nelle altre regioni vocate alla coltivazione, al nord e al sud. Considerando la provenienza del pomodoro uno dei principali indici di qualità del prodotto finito, l’azienda detiene dal 2016 la certificazione internazionale ISO 22005, che determina la completa tracciabilità della filiera.

Verifica allo spettrometro

Non solo, Mutti ha finanziato una ricerca dell’Università di Piacenza per verificare l’origine dei pomodori con lo spettrometro di massa, uno strumento solitamente usato per le opere d’arte che rileva gli isotopi specifici di ogni terreno e determina la provenienza geografica della materia prima. In pratica, sarà possibile distinguere in modo inequivocabile se un pomodoro dichiarato italiano è stato invece coltivato in Cina, garantendo che in azienda entrino solo ed esclusivamente pomodori nostrani.

La carta d’identità del pomodoro italiano Rodolfi

Per Rodolfi Mansueto il valore aggiunto delle sue conserve è la gestione dell’intero processo di produzione. Perciò ha preparato un Disciplinare Tecnico per la rintracciabilità di filiera, secondo la norma ISO 22005, che controlla la materia prima dal campo alla tavola, incluse le fasi di semina, coltivazione e raccolta in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.

Come fa?

Ogni agricoltore documenta tutte le attività sul quaderno di campagna, i cui dati sono poi caricati su una scheda di produzione integrata: si crea così un documento di identità del pomodoro. Ogni lotto è abbinato all’orario di lavorazione, e in base a questi due dati si risale alla materia prima usata.

Tomato blockchain

Inoltre, Rodolfi Mansueto sta partecipando al progetto pilota Tomato blockchain che permette al consumatore di seguire il processo di produzione e trasformazione, per proteggere e difendere il made in Italy da contraffazioni e frodi. I primi due prodotti sono S.pizza Ardita e Polpa per pizza Ortolina: leggendo i Qr Code sull’etichetta e inserendo il lotto produttivo indicato sulla confezione, si potrà visualizzare che tipo di pomodoro è stato usato, il nome dell’agricoltore, ma anche data, ora e giorno di lavorazione.

Contano anche i diritti umani

Rodolfi sta inoltre conseguendo la certificazione volontaria ISCC PLUS (International Sustainability & Carbon Certification) con un focus sulla sostenibilità ecologica e sociale, nel rispetto dell’ambiente in cui opera e dei diritti umani delle persone che lavorano in filiera.

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